Giovani e fiducia, c’è futuro?

Foligno. Al San Carlo Meeting presentato il Rapporto Giovani dell’Istituto Toniolo
I relatori al convegno del San Carlo Meeting
I relatori al convegno del San Carlo Meeting

Pianificare il futuro non conviene. Per il 75,20% dei giovani tra i 19 e i 30 anni, è meglio fare esperienze nel presente piuttosto che confidare in un futuro che appare pieno di rischi e di incognite. Pure dare fiducia costa: troppo alto il rischio di rimanere delusi. Vero che si guarda al futuro, ma non ci si stacca mai dal presente. Insomma: siamo tutti malati di “presentismo”.

Questa, in sintesi, la fotografia dei giovani che l’Istituto Toniolo ha ritratto nel Rapporto Giovani 2013. I dati (consultabili sul sito: www.rapportogiovani.it) sono stati presentati sabato 8 novembre al convegno “Oggi mi fido di… le risposte dei giovani”, organizzato dal Servizio diocesano per la Pastorale giovanile di Foligno nell’ambito del San Carlo Meeting per celebrare la festività di San Carlo Borromeo, patrono dell’omonimo Istituto cittadino.

Fulcro della questione la fiducia dei e nei giovani. Chi scommette più sui giovani in un Paese che ha smesso di crescere e di credere, dove mancano i riferimenti al passato e le prospettive per il futuro? E i giovani, in chi credono ancora? Alberto Scattolini, direttore di Radio Gente Umbra, ha moderato gli interventi del sociologo Diego Mesa, della psicologa Lucia Coco, e del teologo e moralista don Carlo Maccari.

Il quadro nazionale che ha presentato Diego Mesa, professore all’Università Cattolica “S. Cuore” di Brescia, mette in allarme e uno sguardo più mirato sull’Umbria non rassicura affatto. Le prime a essere chiamate in causa sono le Istituzioni: dovendo dare un voto di fiducia da 1 a 10, per i giovani intervistati nessuna, neppure la Chiesa cattolica che si attesta a un misero 4, raggiunge la sufficienza. Il calo di fiducia è generalizzato e aumenta quando l’Istituzione è conosciuta solo attraverso i mass media. L’autorità come istituzione con una sua dimensione etica e morale non è più percepita come una figura di riferimento. Si preferisce la mamma: non può suggerire al figlio il da farsi – ormai anche gli adulti sono visti in difficoltà –, ma è più disinteressata quando gli fa notare un errore.

La situazione in Umbria Più avvezzi ai giochi televisivi che alle attività culturali, sempre meno riflessivi, nei giovani umbri tra i 14 e i 19 anni dilaga la paura di non farcela. La società non è sentita né equa né meritocratica, lo status sociale sembra ineluttabile e la percezione del rischio si abbassa drasticamente. La mortalità per uso di sostanze stupefacenti diminuisce, infatti, in Italia, ma aumenta in Umbria. L’abuso di alcool è maggiore rispetto alla media nazionale. Cambia pure la visione dell’amore. Non più il modello dell’amore romantico individuato da Giddens: oggi si preferisce un “amore convergente” che di eternità non sa proprio. I dati raccolti dall’Aur, Agenzia Umbra Ricerche, e presentati da Lucia Coco del Dipartimento Dipendenze di Foligno Usl Umbria 2, raccontano giovani che gridano aiuto per affrontare le difficoltà del vivere presente. Rimane la famiglia come ambito privilegiato per trovare una figura di riferimento, ma anche qui gli umbri non eccellono: rete affettiva troppo calda, vi si distaccano con più difficoltà rispetto ai coetanei nazionali. Resiste comunque al vertice della scala dei valori assieme alla libertà e all’amicizia. La religione e l’attività politica sembrano invece sbiadite e le surclassa persino il valore della bellezza fisica.

Il mondo giovanile presentato al San Carlo Meeting preoccupa. Le Istituzioni appaiono opache e inefficaci, incapaci a trasmettere il senso del “noi”, preferendo competizione e individualismo. I giovani sono senza speranze, non trovano attività in cui ingaggiare la propria vita e non c’è chi dà loro fiducia.

La fiducia nasce da un’aspettativa positiva, è la risposta a un bisogno di certezza. I genitori in primis, ma anche i docenti e gli operatori pastorali: tutti devono intervenire in rete per educare i giovani. La falsità, il pregiudizio, la presunzione, il pessimismo, come ha ricordato don Carlo Maccari, uccidono la fiducia. Non si vede più la bontà di un’azione, la positività di una relazione, e si finisce con il chiudersi in se stessi o con il vendicarsi. Ma questi sono atteggiamenti scontati. C’è una soluzione incalcolabile e inattesa, più grande e più bella: il perdono. Una soluzione per dare all’altro che ha tradito la possibilità di rivivere e di essere nuovamente persona.

AUTORE: An. Bart.