Giubileo diocesano dei movimenti

A un mese dalla canonizzazione di S. Antonino Fantosati, le associazioni e i movimenti ecclesiali della diocesi hanno voluto rendergli omaggio nel paese natio, convenendo nella chiesa parrocchiale riaperta appena due settimane fa, dopo i tre anni di chiusura per il terremoto, chiesa a lui proprio a lui dedicata in questa circostanza. Ed è stato il loro Giubileo.La giornata ha avuto un doppio momento: anzitutto nella chiesa di S. Maria in Valle, con la preghiera dell’Ora Nona e un primo intervento di mons. Arcivescovo, poi a Borgo Trevi, nell’ampia chiesa ad anfiteatro della S. Famiglia, con il momento pastorale: “Movimenti e associazioni ecclesiali per i nostri giovani”. A conclusione la Concelebrazione eucaristica con il Giubileo. Nel dopo cena, una simpatica “commedia” in vernacolo, a cura dei giovani dell’Arca. Il tema è stato affidato a mons. Domenico Sigalini, responsabile in sede Cei della pastorale giovanile in Italia. La sua relazione, seguita con molto interesse dal folto uditorio, segna proprio una pietra miliare nel nostro cammino di chiesa e di società. Ne riferiamo limitandoci ai punti essenziali, rimandando per i dettagli al nostro Bollettino diocesano. IL MONDO GIOVANILEOccorre guardare ai giovani senza pregiudizi o idee preconcette: i giovani non sono più quelli di venti anni fa. C’è un rifiorire della religiosità, anche se la risposta viene cercata su linee non proprio omogenee. E’ come a una grande fiera: non tutti si servono presso la stessa bancarella. Il fatto è che l’attuale indigestione di tecnica e consumismo finisce anche per determinare sazietà. E ugualmente le risposte tradizionali di pratica religiosa. E’ che il giovane cerca anzitutto risposte, una visione di vita cui ancorarsi con sicurezza, per una spiritualità che scaturisca dal dialogo: “Signore, da chi andremo?”. Non c’è sempre risposta, almeno quella giusta. Come ha detto il Papa a Tor Vergata “E’ più la sete della fontana”. D’altra parte il giovane si sente solo, nonostante il moltiplicarsi dei telefonini e dell’E-mail. Né gli amici lo rassicurano del tutto. Gli adulti sanno solo offrire realtà organizzate da loro, spazi ormai desueti e scontati. I giovani hanno invece i loro spazi informali, la banda, il muretto, la musica e via dicendo, ed è verso questi spazi che occorre lanciare i ponti: non rottamare ma comunicare. I giovani hanno bisogno degli adulti, ma anche gli adulti di loro. Incontrarsi così. ALCUNE LINEE DI CONDOTTAPartire sempre dalla fiducia, una fiducia concreta e reciproca. Non cadere nella trappola di chi dice “Ai miei tempi …”. Il Papa non lo dice mai. I giovani debbono sentire che crediamo nella vita e crediamo anche in loro e in tutto quello che possono dare. Occorre “innamorarsi di Cristo”: e l’innamoramento non può scaturire che dalla conoscenza, e dall’esperienza diretta, attraverso il vangelo e la testimonianza degli innamorati, adulti compresi. Non offrire solo gli ideali di un cammino: bisogna dare anche le gambe. L’ideale è sempre Lui, Gesù: Figlio di Dio incarnato, sceso dall’eternità nel tempo condividendo, guidando, sanando. E’ il terreno su cui occorre seguirlo, sempre aperti a tutti i grandi problemi dell’uomo. Non è che la Chiesa non abbia strumenti: ma spesso sono come ingessati, e praticamente inutilizzabili. Occorre scioglierli e sciogliersi. Credere è difficile: occorre un “laboratorio della fede”; lo ha detto il Papa. L’evangelizzazione deve avere anche un suo stile: non abbiamo paura di capelli lunghi e simili. Ognuno si muove con il suo stile; anche nell’accostarsi alla fede. I giovani debbono sentire che andando alla fede non rinunziano a nulla del loro volto abituale: il male è solo nel peccato. E poi la radicalità: questa si; niente adattamenti o compromessi. Non si può annacquare il vangelo. A Tor Vergata il Papa ha ripetuto con chiarezza le parole di Gesù: “Volete andarvene anche voi?”. Non si scende a patto con le beatitudini: non sarebbero più beatitudini. E i giovani questo lo capiscono. L’incontro di generazioni deve realizzarsi nella fiducia, la chiarezza, la stima reciproca, la consapevolezza della reciproca ricchezza.Puntare sulla missionarietà: formare dei bravi laici, anche adulti, specie quanti si muovono nei luoghi dei giovani, gestori di sale, di edicole, di luoghi di cultura. I movimenti e le associazioni portino il loro carisma, ma qualche campo di sport in più non guasterà. E così gli oratori e simili. Da parte loro, i movimenti cerchino di dare quel che le parrocchie da sole non riescono a dare. Né abbiano a isolarsi dagli altri ma, come ha ripetuto poi l’Arcivescovo, vogliano costruire come una filiera, riannodando appunto i fili tra loro. Ci sia di modello e di aiuto il Fantosati, che fece le sue scelte già da ragazzo, ma andò poi via via approfondendole fino al martirio.

AUTORE: A.R.