Gli strani silenzi sulla discarica di Sant’Orsola

Dopo 10 anni il Consiglio di Stato dà ragione ai cittadini

Qualcuno potrà meravigliarsi, o addirittura non capire il perché torniamo a parlare della famosa discarica intercomunale di Sant’Orsola. L’aggettivo “famoso”, oggi sicuramente sbiadito, all’epoca della realizzazione della discarica fu pienamente meritato e intrinsecamente legittimo: il forte contrasto con le popolazioni locali, le estenuanti mediazioni con la Regione dell’Umbria, il ricorso ad un comitato di “saggi” – anche allora come oggi per la scongiurata (??) costruzione della centrale a biomasse -, la individuazione di una possibile localizzazione e, infine lo svolgimento delle elezioni amministrative comunali, con relativo cambio di Amministrazione e di maggioranza, e il ritorno definitivo alla localizzazione e costruzione della discarica a Case Sant’Orsola.A nulla servirono le proteste degli abitanti il giorno in cui l’impresa e le ruspe presero possesso dell’area: le forze dell’ordine “ebbero la meglio” sui pochi, stanchi e impauriti cittadini. Nonostante che i risultati connessi all’indagine, commissionata nel 1994 dalla stessa Regione ad uno studio professionale privato, avessero indicato quale luogo ottimale per la realizzazione dell’impianto il sito di Colle Papa, “ragioni superiori” fecero sì che la discarica si costruisse a Casa Sant’Orsola, una vallata ricca di boschi, paesaggisticamente incantevole e ricca di falde acquifere, rendendola irrimediabilmente compromessa. Arriviamo ai nostri giorni, intorno alla fine dello scorso mese di marzo: improvvisa, una sentenza del Consiglio di stato dà ragione ai ricorsi presentati nel 1990. La Corte, anche se dopo dieci anni, ha dichiarato illegittimi gli espropri fatti all’epoca giacché non più sussistente e decaduto il principio della “pubblica utilità”. Se, infatti, per effettuare e giustificare gli espropri, i lavori furono dichiarati indifferibili e urgenti, essendo stata la discarica completata con notevoli ritardi rispetto alla sua progettazione, l’Amministrazione pubblica non può più procedere all’esproprio dei terreni individuati per risolvere l’emergenza rifiuti. Questo, in buona sostanza, il senso della sentenza n. 1686 della IV Sezione del Consiglio di stato. La morale che si ricava da questa storia è semplice: la discarica è stata costruita, al momento è quasi interamente piena, chi di dovere sta già pensando a dove individuare un nuovo sito nel nostro territorio (anche se ufficialmente non se ne parla), il Consiglio di stato ha dato ragione a chi all’epoca dei fatti si oppose a quell’insediamento. Una sola cosa resta da chiarire: chi pagherà per quell’arbitrio? Chi mai potrà ripristinare lo stato originario dei luoghi? Chi risarcirà i cittadini per una decisione che fu solo frutto di demagogia e arroganza? Tra l’indifferenza generale aspettiamo, con pazienza, qualche risposta.

AUTORE: Aldo Calvani