Gli Usa tendono la mano all’islam

Le reazioni del mondo cattolico allo storico discorso di Obama al Cairo

‘Sono venuto qui per cercare un nuovo inizio tra Usa e i musulmani nel mondo’. Il discorso che il presidente Usa Barack Obama ha tenuto il 4 giugno all’Università del Cairo passerà, probabilmente, alla storia per queste parole che ne riassumono tutto il senso. Citazioni del Corano, del Talmud e della Bibbia hanno arricchito i diversi passaggi del testo, che rappresenta una vera e propria mano tesa al mondo arabo e musulmano. Obama allunga la mano ponendo in evidenza ciò che unisce Usa e musulmani, senza negare tuttavia la diffidenza e le differenze, con la consapevolezza che non basta certo un discorso a cancellare anni di paura, stereotipi e pregiudizi da entrambe le parti. I problemi sul tappeto da risolvere sono quelli di sempre, ben noti: gli estremismi, il conflitto israelo-palestinese, le armi nucleari, la democrazia, la libertà religiosa, i diritti delle donne, lo sviluppo economico, senza dimenticare l’Afghanistan, l’Iran e l’Iraq. Ce n’è tanto da ricordare le parole di un altro famoso americano, Martin Luther King, I have a dream: il sogno di Obama è quello di un nuovo inizio. Dalle Chiese mediorientali arrivano apprezzamenti. ‘Un discorso che ci voleva da tanto tempo – dichiara mons. Giuseppe Sarraf, vescovo del Cairo dei Caldei, tra coloro che erano presenti all’Università ad ascoltare Obama. – Il presidente Usa ha avuto il coraggio di farlo, scegliendo l’Egitto per la sua posizione e il suo peso in Medio Oriente e nel mondo islamico. Il messaggio forte che arriva è lavorare insieme per trovare la soluzione a tutta un’agenda di temi: la democrazia, il terrorismo, la libertà religiosa, i diritti umani, la dignità della donna, la globalizzazione, che sono al centro di discussione nel mondo islamico tra moderati e fondamentalisti’. ‘Speriamo – conclude – che l’islam e il mondo arabo sappiano recepire questa mano tesa. Inizia un nuovo processo, una nuova èra. Credo anche che l’immagine degli Usa ne trarrà giovamento. Obama vuole veramente cambiare’. Anche per il custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, ‘siamo davanti ad un evidente cambiamento di strategia americano, che sicuramente sarà accolto in modo positivo dal mondo arabo. Fa ben sperare per il futuro’. ‘Il presidente Usa – spiega il francescano – è stato molto equilibrato, ribadendo il legame con Israele ma assumendo nel contempo una posizione nuova con il mondo arabo. Ciò segna una ripartenza e un cambio di strategia e di rapporti, che daranno ulteriore impulso alla ricerca di una soluzione del problema principale, quello del conflitto israelo-palestinese’. Un cambiamento politico e diplomatico che per Pizzaballa ‘comporterà di certo delle rinunce alle parti in campo: Israele e palestinesi dovranno ripensare le rispettive posizioni e richieste. Altra novità, importante, da segnalare è che Obama si è rivolto ad Hamas chiedendo di fatto il riconoscimento di Israele. Come anche il riconoscimento del nucleare pacifico per l’Iran. Temi che probabilmente non saranno piaciuti ad Israele’. Tuttavia, aggiunge il custode, ‘Obama si è, in maniera equilibrata, impegnato nei confronti sia di Israele sia dei palestinesi’. Sul rischio di un discorso solo di facciata, il religioso non ha dubbi: ‘Certamente gli Usa vogliono rifarsi un’immagine davanti al mondo arabo, oggi negativa, ma non basta un discorso, ci vogliono fatti concreti. Ho visto un Obama sincero, determinato e trasparente’. A porre l’attenzione sul conflitto israelo-palestinese è anche mons. Paul Dahdah, vicario apostolico dei Latini di Beirut, per il quale ‘le parole di Obama saranno importanti tanto più se le due parti, Usa e mondo arabo, si riveleranno sincere’. Dice il vicario: ‘L’auspicio è che questo discorso non serva solo a cambiare l’immagine degli Usa ma anche a dare slancio ad un’attività politica forte, che miri a risolvere quella che è la vera radice di ogni problema qui nella regione: il conflitto tra israeliani e palestinesi. Se non si risolve questo, il tendere la mano non porterà a nessun risultato’. I riferimenti fatti dal presidente americano alla difesa della giustizia e del diritto per mons. Dahdah sono ‘fondamentali’. ‘Se ci sarà il rispetto dei diritti di tutte le parti in causa, si troverà la soluzione. Ripeto: questo discorso non deve servire solo a rifare l’immagine degli Usa deturpata da scelte di guerra, ma deve veramente segnare un nuovo inizio. Alle parole seguano fatti concreti’.

AUTORE: Daniele Rocchi