I cristiani celebrano la risurrezione di Cristo nello stesso giorno

La data della Pasqua ha provocato fin dall'inizio discussioni e discordie

Fin dall’inizio della storia cristiana si è posta la questione nella data della Pasqua. Per essa, alla fine del secondo secolo si è rischiato persino lo scisma tra Roma e le Chiese dell’Asia minore. Furono il concilio di Nicea (325) e l’autorità di Costantino a stabilire che fosse celebrata da tutte le Chiese nella prima domenica dopo il plenilunio di primavera e solo nel 387 si ebbe una celebrazione unitaria. Ma la questione si ripropose nel XVI secolo quando Gregorio XIII, in base a rigorosi calcoli astronomici, fece la riforma del calendario, correggendo il precedente calendario giuliano fissato da Giulio Cesare nel 46 a.C. “Da quella data, e cioè dal 1582 la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse non celebrano più la ricorrenza pasquale nello stesso giorno.E’ una dolorosa ed incongruente esperienza spirituale ed è un fatto di universale e scandalosa evidenza, che incide sull’esistenza storica della Chiesa” (Vittorio Peri, Due date un’unica pasqua). Il calendario gregoriano si è imposto ovunque a livello civile. Vi hanno aderito gli inglesi nel XVIII secolo e gli stessi comunisti russi due anni dopo la rivoluzione del 1917. Basterebbe seguire la scienza astronomica, cioè il sole, come afferma l’astronomo Paolo Maffei, per risolvere la questione. Ma non è un mistero che alcuni abbiano preferito essere in disaccordo con il sole piuttosto che in accordo con Roma. Pazienza! E’ la forza di un tradizionalismo fossile riaffermato con puntigliosa monotonia. Erano i tempi in cui si cercava piuttosto ciò che distingue e divide, piuttosto che ciò che unisce. Finalmente, quest’anno 2001, inizio del secolo e del millennio, la data, per ragioni indipendenti da umana volontà, e per la sola fortuita coincidenza dei due calendari liturgici, la data della Pasqua è comune a cattolici e ortodossi. Ne gioisce l’intera cristianità e non solo quei patiti affetti da “buonismo ecumenico” di cui parla Messori nel Corriere della Sera di Domenica scorsa in un articolo improntato a rassegnato realismo. La ricerca di una data non è decisiva per le sorti del cristianesimo nel mondo, che cammina nella storia con la forza dello Spirito nonostante le contraddizioni degli uomini e secondo la logica della croce. Ma è pure un segno di unità visibile che i cristiani devono ricercare non frapponendo ostacoli all’azione della grazia e cercando di leggere con attenzione i segni dei tempi, non solo, quelli astronomici e atmosferici (Mt 16,2-3). Vi sono, infatti, segni ancora più evidenti che reclamano maggiore attenzione da parte delle Chiese, quelli che provengono da un’umanità in attesa di un messaggio di vita e di risurrezione, l’annunzio pasquale, proclamato senza ambiguità e incertezze e testimoniato con un cuore solo e un’anima sola. Già il Concilio Vaticano II ha espresso il “desiderio di molti di veder assegnata la festa di Pasqua ad una determinata domenica e di adottare un calendario fisso… purché vi sia l’assenso di coloro che ne sono interessati, soprattutto i fratelli separati dalla comunione con la Sede Apostolica”. Da allora si sono svolti numerosi dialoghi negli incontri interconfessionali e sono state formulate delle ipotesi, ma nessuna conclusione è prevedibile nell’immediato, tranne l’azione dello Spirito che può in ogni momento aprire percorsi inesplorati nell’irreversibile cammino delle Chiese verso la piena comunione dell’unico Corpo del Cristo risorto.

AUTORE: Elio Bromuri