I poveri hanno molto da insegnare

di Benedetto Tuzia
Vescovo di Orvieto-Todi – delegato Ceu per la carità

“Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!”: basta ricordare queste parole pronunciate da Papa Francesco tre giorni dopo la sua elezione, nell’udienza ai rappresentanti dei media , per non rimanere sorpresi dalla sua scelta di donare alla Chiesa, al termine del Giubileo della Misericordia, la Giornata mondiale dei poveri. Una novità assoluta, che più che stupirci, dunque, ci chiama a riflettere e agire.

Nel Messaggio del 13 giugno scorso, in cui è stata presentata questa Giornata che celebriamo domenica 19 novembre, il Pontefice spiega di averla voluta offrire “perché in tutto il mondo le comunità cristiane diventino sempre più e meglio segno concreto della carità di Cristo per gli ultimi e i più bisognosi”. Il contenuto della Evangelii gaudium – esortazione apostolica promulgata il 24 novembre 2013 – si fa allora sempre più attuale. In essa, infatti, l’inclusione sociale dei poveri è uno dei sette temi su cui Papa Francesco si sofferma con l’intento di “incoraggiare e orientare in tutta la Chiesa una nuova tappa evangelizzatrice, piena di fervore e dinamismo”.

Siamo chiamati, in particolare, a essere attenti e ad aver cura dei poveri, a comprendere le cause della povertà e ad adoperarci per eliminarle o, almeno, contenerne gli effetti distruttivi. “Per la Chiesa l’opzione per i poveri è una categoria teologica prima che culturale, sociologica, politica o filosofica… [I poveri] hanno molto da insegnarci” (EG, 198). L’opzione per i poveri, di fatto, non è un’“opzione”: è una categoria teologica, e ciò equivale a dire che una Chiesa che non ha i poveri nel cuore, che non riconosce in loro la sua stessa ragion d’essere, è una Chiesa di nome ma non di fatto. Via, allora, le parole vuote che spesso sono sulla nostra bocca, e spazio invece ai fatti concreti con i quali si è chiamati ad amare, soprattutto i poveri!

Con quale frase più appropriata (da cui è tratto anche il titolo) poteva aprirsi il messaggio del Pontefice per questa prima Giornata dei poveri se non quella dell’evangelista Giovanni (3,18): “Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità”? Dobbiamo far nostro l’esempio di Gesù: “Dio – continua il Papa – ha amato per primo; e ha amato dando tutto se stesso, anche la propria vita. Un tale amore non può rimanere senza risposta”. È vero, è un amore gratuito che non chiede nulla in cambio, ma, se accolto nel cuore, non può essere trattenuto né rimanere senza effetti: “La misericordia che sgorga, per così dire, dal cuore della Trinità può arrivare a mettere in movimento la nostra vita e generare compassione e opere di misericordia per i fratelli e le sorelle che si trovano in necessità”.

La Chiesa, ci ricorda Bergoglio, da sempre ha compreso il grido del povero, che il Signore ascolta. Il servizio ai più poveri è uno dei primi segni con i quali la comunità cristiana si presentò sulla scena del mondo, quando Pietro chiese di scegliere “sette uomini ‘pieni di Spirito e di sapienza’ ( At 6,3) perché assumessero il servizio dell’assistenza ai poveri”, da Gesù proclamati beati ed eredi del Regno dei cieli ( Mt 5,3).

Papa Francesco riconosce che ci sono stati momenti in cui i cristiani, contagiati dalla mentalità del mondo, non hanno ascoltato fino in fondo questo appello. Lo Spirito santo, però, “non ha mancato di richiamarli a tenere fisso lo sguardo sull’essenziale”, facendo sorgere uomini e donne che, in diversi modi e nel succedersi degli anni, hanno offerto la loro vita a servizio dei più bisognosi. Guardiamo indietro e vediamo, tra gli altri, san Francesco d’Assisi che non solo dà ai poveri, abbraccia i lebbrosi, ma va e sta con loro. Guardiamo al passato più recente e all’oggi e vediamo, ad esempio, l’operato della Caritas, nazionale, diocesana e parrocchiale.

Esortati dal Papa e illuminati dalla Parola di Dio, guardiamo, infine, dentro di noi per continuare o intraprendere quella strada di salvezza e di rinnovamento, che ci porta al vero incontro con i poveri – che si concretizza, oltre che nel dare, nel guardare, nell’abbracciare, nell’ascoltare, nel comprendere e nella condivisione che diventa stile di vita.

Non esitiamo a tendere la mano, anzi facciamolo fino a toccare con mano la “carne di Cristo”! Consapevoli che anche il dono di un bicchiere d’acqua fresca dato all’assetato è un dono a Cristo stesso, accogliamo la misteriosa sapienza che Dio vuole comunicarci attraverso i poveri e riconosciamo il valore che la povertà costituisce in sé.