Il Concilio, solo quisquiglie?

bottaccioliLa Direzione de LaVoce mi ha ricordato oggi (28 ottobre) di scrivere l’articolo che a turno tocca a noi Vescovi preparare. Veramente, avendomelo già chiesto – fuori turno – per il numero 31 del settimanale, pensavo di aver adempiuto il mio impegno. Poi ho pensato che era un’ottima occasione di scriverlo proprio oggi, festa dei santi apostoli Simone e Giuda che è anche l’anniversario della elezione a Pontefice di Giovanni XXIII (28-10-1958). Umilmente questa mattina, nel celebrare la messa ho sentito di associare alla venerazione degli Apostoli il ricordo vivissimo di Papa Giovanni che da sempre mi ha rubato il cuore, da quando con il mio vecchio Vescovo ebbi la felice ventura di rimanere a Roma e di seguire il Concilio Vaticano II, associato alla sala stampa. Lessi allora con grande trasporto il Giornale dell’anima, ci feci anche qualche ritiro spirituale, notando che mi spronava a imitarlo. La coraggiosa indizione del Concilio mi entusiasmò. La prima volta che per un giorno tornai a Gubbio, entrando nella sacrestia della nostra cattedrale il primo canonico che incontrai mi gelò con una domanda sarcastica: “Ma che fate a Roma con questo Concilio che si perde in tante quisquilie?”. Stavo lì per lì per scattare con una risposta che avesse messo in luce la sua ignoranza, quando ho ricordato che non era solo quel canonico a pensarla così. Al vedere come, negli ampi servizi dei primi giorni di Concilio, i giornali dedichino solo poche righe sul tema e, se si dilungano oltre, lo fanno solo per frugare dietro le quinte dell’assemblea ecumenica in cerca di chissà quali misteriosi retroscena, si ha l’esatta, dolorosa sensazione di quanto il nostro popolo cristiano sia lontano dal sentire con la Chiesa, e proprio su ciò che dovrebbe essere il centro della pietà, il vincolo più sacro di unione con Cristo e con i fratelli: il valore vitale della liturgia è sconosciuto dai più. Lo stesso cardinale Montini scrisse una Lettera dal Concilio ai suoi fedeli milanesi che gli domandavano: “Come va al Concilio?”.

Una fase dei lavori del Concilio Vaticano II
Una fase dei lavori del Concilio Vaticano II

Erano i giorni in cui si discuteva lo schema della liturgia. La stampa nota una certa lentezza del Concilio nel giungere alle sue prime conclusioni. Il numero degli oratori rallenta il ritmo dei lavori, solleva questioni, porta la discussione su punti particolari che proiettano dubbi su quelli fondamentali. Ma non è il caso di trarre da ciò impressioni negative. È un fenomeno comune delle grandi assemblee, quando a ciascuno dei componenti è lasciata libertà di parola e questa libertà è un fatto che fa onore al Concilio. Oggi il vero problema del Concilio è quello della sua ricezione, che costituisce una sorta di spartiacque tra la generazione che il Concilio l’ha fatto (vescovi e teologi) e quella che ora lo eredita. Non si tratta di un passaggio facile. Infatti le giovani generazioni conoscono poco del Vaticano II, o non ne sono comunque particolarmente interessate. La distanza temporale comporta inevitabilmente uno scarto culturale, e quindi anche un senso di estraneità rispetto all’epoca in cui il Concilio fu celebrato (11 ottobre 1962 – 8 dicembre 1965). E tuttavia il mutare dei tempi non rende obsoleto il Vaticano II. Non pregiudica il suo essere realmente la “bussola sicura per orientarci nel nuovo cammino di questo secolo” secondo una felice espressione di Giovanni Paolo II. A diciassette anni dai roghi atomici di Hiroshima e di Nagasaki, che posero fine alla Seconda guerra mondiale, e nell’imminente minaccia di una nuova catastrofe, l’anziano Papa, di origine contadina, definito “Papa di transizione”, con la indizione del Concilio Vaticano II, nella crisi del grande mutamento globale che investe il mondo, transita la Chiesa dalla paura alla gioia di annunziare alle genti Gesù Cristo luce del mondo. Con la stessa fede e lo stesso coraggio, tocca a noi accogliere l’eredità del Concilio e farla fermentare con la nostra testimonianza per il bene della Chiesa e del mondo. Ci guida Papa Francesco che, nello spirito del Concilio, ci invita ad andare incontro a tutti gli uomini, in ascolto e in fraternità, uscendo dalla stagione delle condanne per entrare nella stagione della misericordia.

 

AUTORE: † Pietro Bottaccioli Vescovo emerito di Gubbio