Il welfare in Umbria c’è ma va gestito meglio

Dalle aggregazioni laicali cattoliche di Perugia: analisi e proposte

L’associazionismo cattolico della diocesi di Perugia – Città della Pieve si confronta sul tema del welfare in Umbria, su quale futuro hanno quei servizi alla persona che vanno dagli asili nido agli interventi per famiglie disagiate o povere, dalle residenze all’assistenza domiciliare per gli anziani, dai fondi per l’affitto ai sostegni e ai servizi per i disabili.

Il 27 aprile pomeriggio, nell’incontro promosso dalla Consulta diocesana delle aggregazioni laicali (Cdal) al centro “Mater Gratiae” di Perugia, è emerso un esame approfondito dello stato di salute del welfare nella nostra regione. È stato un incontro molto partecipato, introdotto da don Elio Bromuri che ha portato il saluto dell’arcivescovo mons. Gualtiero Bassetti e moderato da Maddalena Pievaioli, Segretaria della Consulta delle aggregazioni laicali, che ha presentato i relatori, le loro specifiche competenze e soprattutto le loro esperienze fatte sui campi concreti del servizio sociale, del sindacato e del volontariato: Maria Grazia Marcacci, assistente sociale, Claudio Ricciarelli della Cisl e Carlo Biccini del Forum del terzo settore. Le loro relazioni non si sono limitate all’analisi di una situazione segnata da forti tagli alla spesa pubblica, con i Comuni che devono attuare le politiche sociali, in forte difficoltà nel garantire i servizi scaricando il peso sulle famiglie. La soluzione, per i relatori, non sta solo nell’invocare più risorse ma nel cambiare il modo di affrontare e gestire gli interventi sociali.

“Non possiamo affrontare le nuove povertà con vecchi sistemi” ha detto Maria Grazia Marcacci ricordando come nel 2000 la legge 328 abbia introdotto nelle politiche sociali il concetto del “prendersi cura” delle persone e dei loro bisogni, che è “una logica opposta alla semplice concessione di contributi”. Concetto accolto nel Piano sociale regionale 2002 il quale, con i Piani di zona, “pur con alcuni limiti”, aveva “messo intorno ad un tavolo tutte le componenti della società civile”, dal volontariato alla cooperazione sociale, ai servizi sociali e così via., che potevano dare ciascuna il proprio contributo consentendo anche di prevenire situazioni di forte disagio. Il punto, ha commentato Marcacci, è che “con l’ultimo Piano sociale, pur previsti, non sono più stati convocati Tavoli”, con un ritorno alla logica dell’erogazione economica.

Ha sottolineato il ruolo delle istituzioni Claudio Ricciarelli, e in particolare della Regione che dovrebbe “definire meglio le priorità su cui concentrare le poche risorse disponibili”, nonché procedere con le riforme che possono alleggerire il peso del pubblico, richieste che aveva anticipato nell’intervista che ci ha rilasciato poco prima di Pasqua (La Voce n. 13 a pag. 3). Per il Welfare, ha sottolineato Ricciarelli, è possibile recuperare risorse, per esempio ottimizzando quelle esistenti, intervenendo sulla qualità della cooperazione sociale e sulle aggregazioni dei Comuni che sono troppo piccoli per garantire certi servizi. Ma anche lavorando sul recupero dell’evasione fiscale, che da sola consentirebbe di avere risorse per il sociale e di abbassare l’Irpef regionale a tutti i cittadini.

Carlo Biccini ha messo in evidenza il contributo del terzo settore e del volontariato nella cura delle persone più deboli, “che altrimenti sarebbero abbandonate e a completo carico della famiglia”: disabili, anziani non autosufficienti, malati di Alzheimer, tossicodipendenti, alcolisti, malati psichici e tanti altri. Una particolare attenzione, ha aggiunto Biccini, va data al mondo giovanile in generale, alle prese con un futuro senza speranza perché senza lavoro, e in particolare coloro che vengono chiamati “invisibili”: “giovani di 18-20 anni che si aggirano come ombre nelle nostre città. Nessuno sembra vederli, vivono ai margini e il loro destino è segnato perché pochi li aiutano”.

Occorre fare rete, ovvero concertazione, realizzando una reale sussidiarietà orizzontale, mettendo attorno ad un tavolo tutti i soggetti coinvolti, ha detto il prof. Pierluigi Grasselli, moderatore dell’incontro. “È opinione diffusa, e in parte fondata, che il welfare in Umbria sia di discreta qualità, ma lo stesso Piano sociale riconosce che i servizi domiciliari per gli anziani non coprono che una piccola parte delle necessità” scaricando il peso della cura sulle famiglie. Le linee di indirizzo del welfare regionale prevedono che la presa in carico della persona avvenga con il coinvolgimento della persona stessa, “ma ciò non avviene” per cui occorre trovare un modo nuovo di operare. “Occorre – ha aggiunto – una antropologia nuova in cui la persona non sia vista come individuo isolato ma in relazione nella famiglia e nel territorio in cui vive. La risposta è in una vera e reale sussidiarietà orizzontale in cui siano valorizzati il terzo settore, il volontariato e la stessa capacità e autonomia della persona e della famiglia”.

Il pomeriggio di studio si è concluso con un ricco scambio di idee e di esperienze tra i presenti, che hanno presentato le notevoli difficoltà determinate dalla burocrazia da una parte e dallo spontaneismo dall’altra, e soprattutto di mancanza di coordinamento e di progettualità a lunga scadenza, che non si esaurisca nell’immediato senza lasciare traccia. Per l’importanaza e la complessità dell’ambito di impegno così caro alla Chiesa, da sempre, a conclusione si è ribadita l’esigenza di mantenere desta l’attenzione sul tema sia sul versante dell’analisi che su quello della proposta, tenendo presente l’evoluzione della società e le sue vecchie e nuove povertà.

L’incontro, promosso dalla Consulta diocesana delle aggregazioni laicali, si è tenuto in preparazione al seminario del 12 maggio (vedi box qui sotto). Si tratterà del secondo di tre appuntamenti nazionali programmati – uno per ciascuna delle aree geografiche del Paese – in preparazione alla Settimana sociale che si svolgerà a Torino nel 2013.

AUTORE: Maria Rita Valli