Importati. Salvati

Sono molti i … prodotti intellettuali che la nostra Chiesa importa dall’estero. La naturalezza con la quale li adopera sta a dire che per lei quell'”estero” era tale solo in superficie. Non esiste nessun “estero” per chi crede in un Dio che è il Dio di tutti. Importare è un diritto/dovere. E di fatto non c’è pagina de La verità vi farà liberi, il catechismo degli adulti, che non rimandi a un’area di pensiero a/cristiano o anticristiano dalla quale è stata attinta un’acquisizione nuova, si è mutuata un’apertura inedita, si è preso atto di una problematica ignorata per secoli. Personalmente è un atteggiamento, meglio ancora uno stile di risposta ecclesiale che mi affascina. Mi affascina anche come risposta contingente a provocazioni contingenti. Come se dicessimo a certi nostri “avversari”: voi, che non condividete la nostra fede, a volte usate contro di noi, a mo’ di clava, la critica che sentite di doverci rivolgere: non aspettatevi che noi facciamo altrettanto. Ho inteso parlare di una certa forma di pugilato, credo giapponese, in cui il segreto della vittoria è tutto nel ripiegarsi all’indietro quando l’avversario sferra l’attacco, vanificando l’aggressione senza dover rispondere con un’altra aggressione. E senza faticare troppo. Ma molto più intensamente quello stile mi affascina come proiezione di quella logica di salvezza che compete alla fede cristiana e ne definisce il compito nella storia. L’impegno a salvare il mondo, sulla scia di Colui che è venuto proprio per questo, e non per giudicarlo, si articola in tante operazioni diverse. Salvare significa aiutare la gente a ridefinire il profilo della vita, della vera vita, quella che trascende le apparenze (trans/scandit: si colloca al di là) e accantona le mille cianfrusaglie che la cultura dell’effimero vorrebbe contrabbandarci come vita. Salvare significa recuperare gli strumenti idonei a coltivare quella vita, evitando di estenuarsi a battere l’aria nei labirinti del non-senso. Salvare significa anche sedersi sulla spiaggia dove altri hanno rovesciato il contenuto di reti che hanno pescato di tutto, pesci buoni e cocci di bottiglia, e mettersi al servizio dell’opera di selezione. Accoccolata sui calcagni, molta gente lavora sulla spiaggia a capare i pesci buoni. E’ l’alba. Il fischio tenuto dal pescatore più anziano scivola sull’onda che accarezza appena la sabbia. Sarà una buona giornata.