Nello stesso momento in cui la grande rotativa del nostro nuovo stampatore stampava queste pagine, giovedì, Benedetto XVI e i Vescovi italiani si sono trovati insieme a recitare il rosario per il 150° dell’Unità italiana nella basilica di Santa Maria Maggiore. “È stata una giornata – ha dichiarato ai giornalisti mons. Domenico Pompili, sottosegretario della Cei e direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali – che fa il paio con quella del 17 marzo, quando ci fu la celebrazione a santa Maria degli Angeli. Con tale preghiera si intende ribadire il vincolo particolare con l’Italia, rinnovandone l’affidamento alla Vergine Madre nel 150° dell’unità politica del Paese”. Il Papa ha tenuto la sua allocuzione dopo il saluto del card. Bagnasco (si può trovare sul sito del Vaticano. Questa preghiera era stata annunciata e commentata su La Voce n. 16). Sappiamo che la Vergine Maria ha piena cittadinanza anche nei luoghi più riservati ed esclusivi. Anche là dove non entra il Crocifisso, non è rifiutata l’immagine della Madonna con il Bambino, come è successo in un poliambulatorio cittadino. Ci torniamo sopra per mettere vicini i due termini, preghiera e politica, ed esaltare la preghiera come dimensione ed espansione della politica, ed ancora indurre a chi fa politica a domandarsi che spazio vi occupi la preghiera. Grandi politici cattolici come De Gasperi, La Pira, Lazzati, Moro, traevano forza e ispirazione dalla preghiera. Alcuni ricorderanno la frase di De Gasperi che disse, a chi gli domandava perché si mettesse in ginocchio a pregare, che stare in ginocchio davanti a Dio lo rendeva capace di stare dritto in piedi davanti agli uomini, anche ai potenti. La preghiera è la prima attività politica che la Chiesa può e deve fare, ricordando a se stessa e a tutti, con le invocazioni e lo stesso atteggiamento esteriore, che si deve guardare in Alto, da dove può venire l’aiuto. C’è un bellissimo salmo che ricorda: “Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori” (Sal 126). In questi giorni di elezioni e in prossimità dei referendum, lo scenario della politica è teso e confuso. Non c’è spazio per le riflessioni serene e i ragionamenti pacati… Duecento vescovi con il Papa e il popolo romano in ginocchio davanti all’antica immagine di Maria costituiscono un’icona inattuale, che è anche un’esigenza forte del presente per segnare una svolta nei comportamenti dei politici, soprattutto quelli che si dicono cattolici, e portare un soffio di spiritualità nelle loro scelte, esorcizzando gli spiriti del male, quelli che soffiano arroganza e ispirano menzogna, provocando sospetto odio e violenza. Una preghiera perché la politica sia più umana e più incentrata sulla ricerca del bene comune. L’intenzione di questo gesto della Chiesa italiana va a consolidare – se ce ne fosse ancora bisogno – la grande fiducia riposta dalla Santa Sede e dall’Episcopato nella nazione italiana, nella sua unità e nel ruolo che ha avuto e può avere ancora nell’Europa e nel mondo per veicolare i valori della civiltà romana e cristiana fusi nella sintesi della Chiesa cattolica. È un gesto che, oltre al significato religioso e al richiamo alla trascendenza, risponde all’esigenza di una pedagogia dell’agire politico e alla ricerca di un futuro benedetto da Dio.
La Chiesa prega per questa Italia
L’editoriale
AUTORE:
Elio Bromuri