La colpa è altrove

“È tutta colpa mia”. Con questa umanissima menzogna, che conferma in pieno la stima che ho sempre nutrito per l’alto profilo morale di Wladimiro Boccali, l’ex sindaco di Perugia ha “spiegato” la sua sorprendente sconfitta nel ballottaggio dell’8 giugno. No, la colpa non è sua, è altrove.

Conosco Wladimiro da quando, nei primi anni ’90, alla Cittadella di Assisi, il ministro Rosa Russo Jervolino ci anticipò una decisione del Governo: le banche di ogni regione sarebbero state obbligate a destinare 1/15 del loro reddito a un costituendo ente di servizio al volontariato. In tre lavorammo subito al progetto, Wladimiro come rappresentante dell’Arci, il mio comunitario disabile, l’avv. Roberto Giuliattini (un piccolo genio) e io a nome della Comunità di Capodarco dell’Umbria.

Fu un’esperienza bella. Alle riunioni più importanti invitammo tutte le maggiori associazioni di volontariato della provincia di Perugia, ma i contributi che ne avemmo furono come due degli onorevoli umbri della Dc di allora: radi e malfatti. Ma grazie a Boccali e Giuliattini, alla fine degli anni ’90 l’atto costitutivo del Cesvol di Perugia portava la firma di Boccali come seconda e, per sua volontà, la mia come prima, anche se io li avevo solo… affiancati. Mio padre Adamo, se fosse stato ancora vivo, avrebbe commentato: A Montone ènno ’n tre a fa’ ’n cistone: uno ’l fa, uno ’l tiene, ’n altro guarda si vien bene. (N.B. “Montone” è lì solo per far rima con “cistone”).

Adamo Fanucci. Piccolo alimentarista nella piccola Scheggia. Cavaliere di Vittorio Veneto: tre anni e mezzo a fare la guerra, tra il 24 maggio 1915 e il 4 novembre 1918, a mollo in trincea, senza un giorno di licenza, con le varici alle tibie che crescevano e crescevano; guerra a quell’Austria che voleva regalarci i territori che, grazie all’ebete “saggezza politica” dei nostri Big, “conquistammo” con 600.000 nostri bellissimi ragazzi morti ammazzati per niente.

Adamo Fanucci, Dante lo avrebbe classificato tra i personaggi “di profetico spirito dotati”. Ricordo appena quando, alla fine del secondo conflitto mondiale, ascoltando di nascosto Radio Monte Ceneri, scrollava la testa alle bolse promesse del Duce che profetizzava future grandezze per l’Italia bombardata dalle “superfortezze volanti”. Ma ricordo benissimo come la scrollava ancora più energicamente, la testa, quando, anni dopo il trionfo della Dc del 18 aprile 1948, nel grande partito di De Gasperi “s’infilarono le pantecane”, come diceva lui. Pantecane, voraci topi di fogna che divorano tutto di tutto. Proliferano anche nel sottobosco della politica dove, prima di ogni altra cosa, divorano la democrazia. Anticipando i tempi, Carlo Cassola nel 1949 scrisse un bel romanzo, Il taglio del bosco. Il tuo Pd, carissimo Wladimiro, doveva procedere al taglio del sottobosco e non l’ha fatto. Ne riparliamo.