La Concordia: una nave nel fondale della coscienza

Resto incollato per alcune ore alla tv mentre lentamente la Concordia, rimessa “in piedi”, per così dire, viene trascinata via verso il porto dove sarà demolita. È ritornata a galleggiare e per un momento questo ha dato sollievo agli italiani anch’essi tutti a seguire la vicenda nelle sue varie e difficoltose fasi che hanno comportato un lungo, difficile, delicato e estenuante lavoro di tecnici di altissima specializzazione e di lavoratori del mare quali i sommozzatori, uno dei quali ci ha rimesso la vita. Ma è solo l’ultimo. Vi sono stati 32 morti. Erano partiti per una vacanza. Mi dicono che sono soprattutto stranieri che hanno obbedito all’ordine di ritornare in cabina ad aspettare ordini.

Queste tragedie rimangono epocali come quella del Titanic e vanno a depositarsi nei fondali profondi della memoria delle generazioni. Una certa soddisfazione è stata espressa in merito alla decisione che l’opera di smantellamento della Concordia avvenga in Italia. Meno male, magra consolazione: siamo capaci di fare disastri, ma siamo anche in grado di riparare i danni.

Così è stato detto. Una grande immensa bugia, una valutazione asimmetrica perché il lavoro di demolizione e recupero dei materiali non è paragonabile al danno provocato. Basti pensare anche solo al valore di una vita. La misura del disastro nessuno può calcolarla sotto tutti gli aspetti sia materiali che morali. Senza dire che non tutti i rischi sono passati, ma sono ancora davanti e se ne riparlerà. Mentre dall’isola del Giglio le immagini ci rimandano la nave trainata da due rimorchiatori che la tirano lentamente a soli due nodi di velocità molti italiani avranno pensato: ma che coraggio ci vuole a far finta di niente! In un quotidiano di oggi, 23 luglio, si riporta una foto del comandante Schettino ad Ischia in vacanza. I giudici sapranno. Le colpe non sono solo di uno.

Come è possibile che una cosa così grande sia del tutto in mano ad una persona che è sempre tanto piccola! Non c’è una struttura di sicurezza. A noi, per la gestione di un ostello per la gioventù tra i tanti adempimenti di sicurezza, ci obbligano a dotare di scarpe antiscivolo i lavoratori delle pulizie. Una nave con mille persone dentro è nelle mani di una sola persona? Intanto la nave sta procedendo tirata con accortezza per evitare strappi e impennate perché la Concordia non è più lei, è fragile e potrebbe perdere pezzi o rilasciare in mare liquidi tossici.

Alla partenza come per un definitivo distacco, qualcuno dei presenti alla riva piangeva mentre i tecnici si abbracciavano anch’essi in lacrime, sentendosi liberati da un incubo. Sembrava proprio un funerale. Per giorni assisteremo ancora a questo lento procedere fino a Genova e poi sarà un’altra storia, una storia che agli italiani e non solo ad essi rimarrà impressa nella memoria.

L’atto o la mancanza di un atto di una sola persona in un momento delicato può essere causa di danni incalcolabili. La superficialità, la distrazione, la sventatezza, la sicurezza di sé, un capriccio o una folata di desiderio inconsulto possono produrre conseguenze quanto un preordinato disegno malvagio. Con il nemico che ti vuole rovinare se lo conosci lo puoi anche combattere e contrastare, con la stupidità e la supponenza di piccoli uomini che si nutrono di apparenza, come scrive il card. Bassetti sul numero di oggi, mercoledì, de l’Osservatore romano, non si sa cosa dire e cosa fare. Noi umbri non siamo gente di mare.

Per noi il mare è vacanza, sole, bagni, allegria. Da tempo ormai è venuta meno la poesia, il piacere della spiaggia. Siamo stati costretti a rimettere nel cassetto quella canzone di moda alcuni anni fa che diceva, mi pare, quando la barca va lasciala andare. Oggi la barca fa pensare al barcone alla deriva con un carico di speranze deluse, per molti, sul nascere. Per pietà non andiamo oltre, non rinunciando però a suggerire la vicenda della Concordia come una matafora del nostro tempo. Riflettere e ricordare come forma di esorcismo e esercizio di intelligenza. Uno sbaglio anche piccolo in sé, in un momento di distrazione può causare una tragedia.

AUTORE: Elio Bromuri