Giornalismo missionario: cos’è? Che utilità può avere per l’informazione ‘normale’? Al Festival del giornalismo di Perugia hanno risposto i comboniani Renato Kizito Sesana (ha fondato il periodico dell’Africa anglofona New People) e Giuseppe Caramazza (fondatore del Catholic Information Service for Africa), padre Bernardo Cervellera (fondatore di Asia News) e il domenicano sudafricano Emil Blaser (ha fondato Radio Veritas). Moderati dall’unico laico al tavolo, Stefano Femminis, direttore di Popoli, mensile internazionale dei Gesuiti. Femminis ha presentato alcuni numeri per capire cos’è il giornalismo missionario: 45 riviste che raccolgono 650.000 lettori, ai quali vanno aggiunti i lettori dei siti internet delle agenzie on-line. ‘Quando si parla di Sud del mondo – ha detto Caramazza – corriamo il rischio di criminalizzarlo perché straniero, ovvero ‘strano’. Spesso siamo noi missionari ad aiutare i giornalisti a capire le situazioni’. Ha quindi raccontato del lavoro fatto al New People Media Centre di Nairobi, in cui si insegna ‘cosa è notizia’, per una comunicazione che parta dall’Africa per l’Africa, e per i Paesi del Nord del mondo. ‘La maggior parte dei comunicatori missionari è europea, anche nei Paesi del Sud. Sarebbe bene – ha aggiunto – riuscire ad avere più giornalisti del Sud a parlare a nome del Sud del mondo, sia nel loro contesto che verso di noi’. Indice della approssimazione con cui si racconta l’Africa sono state le cronache sul recente viaggio del Papa, presentato come visita ‘in Africa’ e non in Camerun e Angola. ‘Un milione di persone sono analfabete, ma non sono stupide, e c’è una grande saggezza che viene trasmessa da padre in figlio’ ha detto Emil Blaser. Per questo ‘per noi la radio è la Rolls Royce della comunicazione. Nel Continente ci sono migliaia di lingue: solo in Sud Africa ce ne sono 11, e se vogliamo raggiungere la gente dobbiamo parlare la sua lingua’ che i giornalisti occidentali spesso non conoscono. ‘I giornalisti missionari – ha detto Blaser – non devono fare solo cronaca ma spiegare, aiutare a capire cosa accade. Ci sono valori cattolici che spingono a fare buon giornalismo, come, per esempio, il valore della condivisione che è il contrario dell’arraffare, ed è anche un valore della cultura africana’. Diversa la situazione in Asia presentata da padre Bernardo Cervellera, da sempre missionario e giornalista. ‘Non vogliamo fare solo informazione dall’Asia all’Italia ma anche viceversa, e per la stessa Asia’ ha detto, spiegando il perché della scelta di un sito web in italiano, inglese e cinese. Scelta riuscita, al punto che Asia News, pur essendo tra i siti web oscurati dal Governo cinese, ‘è l’agenzia più diffusa sui siti cattolici cinesi, che con espedienti tecnici riescono a superare il blocco della Rete e quindi a rilanciare notizie che altrimenti non passerebbero mai’. Per Cervellera il giornalismo missionario è tale non solo perché fatto da missionari ‘ma anche perché cattolico’. Un’appartenenza, ha precisato, che non esclude gli altri o le notizie, perché ‘la fede si interessa di tutto l’uomo. Per cui, se parliamo della crisi economica, accanto alle notizie sulle Borse asiatiche pubblichiamo anche i dati sulla disoccupazione’. Per questo motivo ‘abbiamo fatto della libertà religiosa una battaglia importante per Asia News, perché dove manca questa anche gli altri diritti sono umiliati’. Una battaglia condotta raccontando fatti grazie ai corrispondenti presenti nei vari Paesi asiatici che, a differenza dei blogger e simili, ‘verificano sempre le notizie’. ‘Quarant’anni fa abbiamo fatto una battaglia perché non fossero pubblicate foto che offendevano la dignità degli africani. Oggi forse non le pubblichiamo più, ma forziamo le cose in modo da non rispettarne la realtà’. Ha aperto il discorso all’autocritica padre Sesana, chiedendo anche alla stampa missionaria maggiore qualità, magari ‘investendo di più in inchieste’. Come è stato fatto, per esempio, per Kibera, lo slum di Nairobi che si diceva avesse un milione di abitanti, ma che uno studio fatto dall’Università ha stimato essere 250 mila, ovvero un quarto! ‘Il Papa non è andato a parlare di condom ma del Sinodo africano, eppure la stampa missionaria non ne parla a sufficienza, non aiuta a capire cosa accade’. Per capirlo, ha aggiunto, ‘in Italia avete bisogno di un’informazione puntale, seria e approfondita’. E al Festival del giornalismo ha lanciato la proposta: ‘Il prossimo anno, invece dei missionari, invitiamo immigrati che ci raccontino come si sentono offesi da come vengono raccontati!’. Al dibattito ha portato il suo saluto mons. Giuseppe Chiaretti, arcivescovo di Perugia – Città della Pieve, esprimendo gratitudine al Festival ‘per aver dato spazio al giornalismo missionario, un’informazione che riesce a dare voce dove altri media non arrivano, come nel caso del Darfur’.
La cronaca vista dal lato Sud
La voce dell'informazione missionaria al Festival del giornalismo di Perugia
AUTORE:
Maria Rita Valli