La diocesi paga 300.000 euro di tasse

Ici. Tanto per confutare le assurde accuse che circolano sui mass media

L’ignoranza non è una virtù, soprattutto quando si scrive sui giornali nazionali e locali: la Chiesa non paga l’Ici, la Chiesa non versa le tasse. Abbiamo chiesto a mons. Carlo Franzoni, vicario generale della diocesi, alcune delucidazioni. La legge prevede l’esenzione dell’Ici sui fabbricati posseduti da enti non commerciali e destinati esclusivamente ad attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative, sportive, nonché ad attività di religione e di culto. Il Vicario ha fornito alcune cifre documentate, e non segrete come tanti sembrano supporre. Inoltre si fa tutto un calderone, non comprendendo che la Chiesa è composta anche da tanti enti che hanno una gestione autonoma che serve per scopi ben precisi.

In diocesi il più consistente è l’Istituto diocesano sostentamento clero, che gestisce i beni degli ex benifici parrocchiali e ha lo scopo di sovvenire economicamente i sacerdoti. Le tasse pagate da tale ente nel 2010, per la nostra piccola diocesi, sono state le seguenti: Ires – imposta sul reddito delle società (acconto e saldo) euro 159.143,16; Irap – imposta regionale sulle attività produttive (acconto e saldo) euro 13.847,40; Ici – imposta comunale immobili su fabbricati e su terreni edificabili (acconto e saldo) euro 97.307; tasse consortili euro 7.501,05, tasse per registrazione dei contratti euro 23.152,67; in definitiva il totale degli oneri dei tributi versati dall’Idsc di Orvieto – Todi ammontano alla “modica cifra” di euro 300.951,28.

Gli altri enti, come le Fabbricerie del duomo di Orvieto e di Todi, il Capitolo della cattedrale, il Capitolo della concattedrale di Todi, l’istituto Artigianelli Crispolti, il seminario vescovile di Todi, il seminario vescovile di Orvieto e tutte le parrocchie che hanno immobili in locazione o terreni in affitto, svolgono attività commerciali, possiedono terreni edificabili e pagano i relativi contributi dovuti allo Stato, alla Regione o ai Comuni.

I bilanci sono verificabili. Rilevo solamente con quanti sacrifici le parrocchie portino avanti le comunità, restaurino e conservino beni artistici e architettonici che altrimenti andrebbero in malora e sono al servizio di tutti. Porto l’esempio di due piccole parrocchie del Tuderte: Pian di San Martino, che ha una popolazione di alcune centinaia di unità, ha restaurato la chiesa parrocchiale spendendo 180.000 euro: ha ricevuto dalla Cei dall’8 per mille 80.000 euro, il resto il popolo con le loro offerte. Camerata, una parrocchia ancora più piccola, ha restaurato la chiesa parrocchiale spendendo 130.000 euro ed ha ricevuto dall’8 per mille della Cei 60.000 euro, il resto lo hanno messo i parrocchiani, gente modesta, con molti anziani pensionati.

AUTORE: Don Marcello Cruciani