La fame è il segno più crudele e concreto della povertà. Non è possibile continuare ad accettare opulenza e spreco, quando il dramma della fame assume dimensioni sempre maggiori”. Lo ha affermato Benedetto XVI, intervenendo il 16 novembre alla cerimonia di apertura del vertice mondiale della Fao a Roma. Vi hanno partecipato oltre 60 tra Capi di Stato e di Governo. Il Papa ha affrontato il tema della “drammatica crescita del numero di chi soffre la fame” (1,02 miliardi di persone nel mondo), cercando di individuarne le cause e le possibili soluzioni. Ha suggerito d’investire nei Paesi poveri “in infrastrutture rurali, in sistemi di irrigazione, in trasporti, in organizzazione dei mercati, in formazione e diffusione di tecniche agricole appropriate”, contrastando anche “il ricorso a certe forme di sovvenzioni che perturbano gravemente il settore agricolo, la persistenza di modelli alimentari orientati al solo consumo e privi di una prospettiva di più ampio raggio, e soprattutto l’egoismo, che consente alla speculazione di entrare persino nei mercati dei cereali, per cui il cibo viene considerato alla stregua di tutte le altre merci”. Il Papa ha invitato la comunità internazionale a coniugare la cooperazione con la sussidiarietà, coinvolgendo “le comunità locali nelle scelte e nelle decisioni relative all’uso della terra coltivabile”, e la necessaria “solidarietà della presenza, dell’accompagnamento, della formazione e del rispetto” dei Paesi poveri. “La cooperazione – ha detto – deve diventare strumento efficace, libero da vincoli e da interessi che possono assorbire una parte non trascurabile delle risorse destinate allo sviluppo”. Per cui “la via solidaristica per lo sviluppo dei Paesi poveri” può diventare “anche una via di soluzione della crisi globale in atto”, con “ripercussioni positive sullo sviluppo umano integrale in altri Paesi”. Benedetto XVI ha denunciato un “livello di sviluppo diseguale tra e nelle nazioni, che determina, in molte aree del pianeta, condizioni di precarietà, accentuando la contrapposizione tra povertà e ricchezza”. Puntando l’accento sul rischio che “la fame venga ritenuta come strutturale, parte integrante delle realtà socio-politiche dei Paesi più deboli, oggetto di un senso di rassegnato sconforto se non addirittura di indifferenza” ha esclamato: “Non è così, e non deve essere così! Per combattere e vincere la fame è essenziale cominciare a ridefinire i concetti e i principi sin qui applicati nelle relazioni internazionali, così da rispondere all’interrogativo: cosa può orientare l’attenzione e la successiva condotta degli Stati verso i bisogni degli ultimi?”. Ad avviso del Papa la risposta va ricercata “nei principi che devono ispirarla: solo in nome della comune appartenenza alla famiglia umana universale si può richiedere ad ogni popolo e, quindi, ad ogni Paese di essere solidale. Se si mira all’eliminazione della fame – ha aggiunto – l’azione internazionale è chiamata non solo a favorire la crescita economica equilibrata e sostenibile e la stabilità politica, ma anche a ricercare nuovi parametri (necessariamente etici, e poi giuridici ed economici) in grado di ispirare l’attività di cooperazione, per costruire un rapporto paritario tra Paesi che si trovano in un differente grado di sviluppo”. Ciò “potrebbe favorire la capacità di ogni popolo di sentirsi protagonista”. Ha quindi invitato a non considerare il mondo rurale “in maniera miope, come una realtà secondaria”, e a favorire “l’accesso al mercato internazionale dei prodotti provenienti dalle aree più povere, oggi spesso relegati a spazi limitati”. Per fare ciò, “è necessario sottrarre le regole del commercio internazionale alla logica del profitto fine a se stesso, orientandole a favore dell’iniziativa economica dei Paesi maggiormente bisognosi di sviluppo. Non si devono poi dimenticare i diritti fondamentali della persona, tra cui spicca il diritto ad un’alimentazione sufficiente, sana e nutriente, come pure all’acqua. Essi rivestono un ruolo importante per il conseguimento di altri diritti, ad iniziare da quello, primario, alla vita”.