La legge sull’aborto forse andrà riscritta

BIOETICA. Il problema è stato sollevato da Spoleto
Una manifestazione di protesta in difesa della legge 194 sull'aborto

“Questo ricorso alla Consulta riapre inevitabilmente il dibattito” e “potrebbe attivare un’autentica novità”. A dichiararlo è Francesco D’Agostino, presidente dell’Unione giuristi cattolici italiani, riferendosi al momento (20 giugno) in cui la Corte costituzionale esaminerà la questione di legittimità dell’art. 4 della legge 194 sull’interruzione volontaria della gravidanza. La questione era stata sollevata dal giudice tutelare di Spoleto.

Il fatto

Il caso è stato sollevato nell’ambito di un procedimento riguardante una minorenne rivoltasi a un consultorio familiare per sottoporsi a un aborto, senza coinvolgere i genitori. Il giudice di Spoleto ha presentato ricorso alla Consulta, citando anche la storica sentenza del 18 ottobre 2011 della Corte di giustizia Ue, secondo la quale “sin dalla fase della sua fecondazione qualsiasi ovulo umano deve essere considerato come un embrione umano” e “deve essere riconosciuta questa qualifica di embrione umano anche all’ovulo umano non fecondato in cui sia stato impiantato il nucleo di una cellula umana matura, e all’ovulo umano non fecondato indotto a dividersi e a svilupparsi attraverso partenogenesi”. La giovane poi ha di fatto abortito con il consenso esplicito dei genitori. Il caso però ormai si era posto ed ora si attende la risposta.

D’Agostino, quale potrebbe essere questo elemento di novità?

“Da una trentina d’anni ci siamo abituati a ritenere che la legge 194 sia ‘costituzionale’, perché a suo tempo, quando la Consulta di allora venne investita della questione, argomentò che tra la vita della madre, che è persona, e la vita del nascituro, che persona deve ancora diventare, ci dev’essere un riconosciuto primato alla prima sulla seconda. Decisione fino ad oggi indiscussa. Il fatto nuovo è che i giudici europei hanno invece stabilito che la dignità umana è già presente tutta intera fin dall’inizio di un individuo umano. Su questo argomento giuridico fondamentale si fonda la conclusione che ha escluso la brevettabilità di invenzioni derivate da embrioni umani”.

Un ribaltamento della prospettiva espressa dalla nostra Corte costituzionale?

“Sì, questa prospettiva è stata inaspettatamente e obiettivamente – anche se non intenzionalmente – rovesciata. Ne consegue che la valutazione della dignità in chiave gradualistica (nella fattispecie di madre e nascituro, ma che potrebbe essere ulteriormente specificata) è negata dalla Corte europea. Ora la Corte costituzionale italiana si trova di fronte a una decisione difficile, e può darsi che tenti di eluderla attraverso escamotage procedurali. Tuttavia, rimane il merito della questione: o si costruisce in Europa un unico paradigma bio-giuridico che abbia per oggetto la dignità della vita nascente, oppure si entrerà in un caos in cui ogni Corte nazionale potrà assumere posizioni autonome, e le pronunce delle Corti europee rimarranno a loro volta in un limbo non comunicante con le Corti nazionali. Questo però sarebbe non solo contrario agli obiettivi dell’unificazione giuridica dell’Europa, ma anche della Convenzione di Oviedo, firmata pressoché da tutti i Paesi del Continente”.

Che cosa c’è dietro tutto questo?

“Si muovono contemporaneamente istanze molto diverse. Anzitutto, quella della ricerca scientifica, potentissima nel Regno Unito e all’avanguardia negli ambiti della biotecnologica e della genetica; molto meno in Italia. Poi c’è la ricerca bioetica di carattere accademico, clinica e filosofica, che conosce tuttora profonde lacerazioni. Tuttavia mi preoccupa notevolmente, e in particolare in Italia, un terzo livello. Ossia, quello del sentire comune, una sorta di ‘assuefazione’ alla banalizzazione delle questioni della vita nascente, che porta al dilagare non solo dell’aborto, ma di pratiche di procreazione assistita fortemente manipolatorie. Un fenomeno culturale di difficile gestione, alla cui base c’è un serio problema di informazione-formazione. Mentre con gli scienziati ci si può impegnare in un serio confronto affinché riconoscano l’infondatezza di certe teorie, e con i bioeticisti il passare degli anni raffina il dibattito e spesso smorza i contrasti, a livello di opinione pubblica si registra una situazione di grave difficoltà culturale che richiederebbe un radicale intervento. Ad eccezione della Chiesa cattolica, nel nostro Paese le grandi agenzie culturali simpatizzano con pratiche e proposte contrarie al rispetto per la dignità della vita umana, dipingendole in modo ottimistico e dolciastro”.

Quale il ruolo della Chiesa?

“Nonostante le sue posizioni vengano dipinte dai suoi avversari come oscurantiste, dovrebbe proseguire con grande serenità e altrettanta competenza nel suo compito di formazione delle coscienze. In ambito più specifico, grazie all’impulso del card. Elio Sgreccia, fino a qualche anno fa alcuni Centri di bioetica cattolica avevano una forte rilevanza nazionale, che in questi ultimi tempi mi pare stia declinando. Occorrerebbe concentrare risorse ed energie per porre rimedio a questa perdita”.

AUTORE: Giovanna Pasqualin Traversa