La pace è una sfida dura, non impossibile

Giornata mondiale della pace (1° gennaio). Un esperto dell’Università di Perugia commenta il Messaggio del Papa

Papa Francesco nel Messaggio per la prossima giornata della pace (1° gennaio 2017) ha voluto dare particolare rilievo alla giornata stessa, tenuto anche conto che quest’anno ricorre il 50° anniversario della sua istituzione da parte di Paolo VI; e ancora una volta è andato al cuore del messaggio evangelico, dedicando la sua riflessione alla “nonviolenza come stile di una politica di pace”. Il messaggio, che suscita echi particolari in Umbria patria di san Francesco e di Aldo Capitini, propone la nonviolenza attiva come antidoto non solo alla guerra ma anche alle diffuse difficoltà nei rapporti interpersonali e sociali.

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La preghiera per la pace nei Giardini vatican conPapa Francesco, Bartolomeo-I, Shimon Peres e Mahmoud-Abbas

Il Papa ricorda come Gesù insegni che la violenza si genera nel cuore umano, e invita a seguirne il comandamento di amare i nemici, porgere l’altra guancia, e comportarsi come lui sulla croce, sottolineando come l’amore per i nemici costituisca il nucleo della “rivoluzione cristiana”, che non consiste nell’arrendersi al male, ma nel rispondere al male con il bene. Francesco cita persone e vicende che testimoniano l’efficacia della proposta non-violenta ( Madre Teresa di Calcutta, Gandhi, Martin Luther King, il ruolo di san Giovanni Paolo II nella caduta dei regimi comunisti) e invita a mettere in atto la risposta non-violenta in ogni ambito, da quello domestico a quello internazionale, attraverso comportamenti basati sul dialogo, il rispetto, il perdono, ma anche sul disarmo, specie quello nucleare.

Il Papa centra la sua attenzione sulla realtà internazionale e ricorda gli sforzi della Chiesa per limitare l’uso della forza, la sua partecipazione agli organismi internazionali, la costante riproposizione all’attenzione del mondo delle Beatitudini evangeliche: “Beati i misericordiosi, gli operatori di pace, i puri di cuore, coloro che hanno fame e sete di giustizia”. Esse sono una sfida per tutti, specie per i responsabili degli Stati, delle istituzioni internazionali, delle imprese e dei media.

La nonviolenza attiva non è facile da praticare in un mondo in cui, per stare alle parole del Papa stesso, si è alle prese con una “guerra mondiale a pezzi”. È tuttavia compito soprattutto dei responsabili della Politica, quella con la P maiuscola, cercare ogni giorno il punto di equilibrio tra la fedeltà ai princìpi e l’operare nella realtà. Il compito non è facile, specie nella ricerca della pace, ma non è impossibile.

Oggi la comunità internazionale dispone tra l’altro di vari strumenti per favorire la pace, che vanno dall’educazione alla pace alla cooperazione allo sviluppo, dalla tutela dei diritti umani alla lotta contro il degrado ambientale, strumenti che in vario modo fanno capo all’Onu – un organismo con molti limiti, sempre più evidenti. L’Onu tuttavia è composta dagli Stati: non è un’organizzazione sovranazionale che possa imporre la sua volontà, è uno strumento che gli Stati hanno a disposizione per favorire la pace, se lo volessero. Ma oggi sembrano non volerlo.

La politica in molte parti del mondo viene condotta attraverso la guerra o, peggio, attraverso genocidi e pulizie etniche, mentre le strutture del dialogo e della cooperazione internazionale scricchiolano paurosamente. Basti pensare non solo alle difficoltà dell’Onu, ma anche alle vicende dell’Unione europea, alle prese con la Brexit e con il dramma degli emigranti, a cui si pone rimedio alzando muri o facendo accordi con Paesi in cui la democrazia subisce più di un vulnus. Né si trova conforto gettando lo sguardo oltre l’Atlantico, da cui giungono messaggi non proprio rassicuranti.

La globalizzazione, lungi dall’essere governata dalla politica, è soggetta unicamente alle spinte dell’economia e della finanza. La conseguente diffusione dei populismi esaspera le tensioni, genera spinte nazionalistiche, che mirano a risolvere i problemi non insieme agli altri, ma contro gli altri. Non sembra dunque che la politica oggi sia pienamente a servizio dell’uomo, perlomeno non dappertutto. Ciò nonostante, non possiamo permetterci il lusso di farne a meno, di perdere cioè la fiducia nella politica. Dobbiamo continuare a cercare la “buona” politica. Va in questo senso, credo, l’invito del Papa a praticare la nonviolenza attiva; essa è l’alternativa alla guerra, al “sonno della ragione”, all’egoismo. La strada non è facile, ma è l’unica possibile per rispondere alla sfida della pace.

AUTORE: Luciano Tosi docente di Storia delle relazioni internazionali - Università di Perugia