La partita del cuore

Simpatica. Simpatica la partita, gradevole la pubblicità con la quale ci hanno raccomandato di esserci anche noi, la sera del 5 gennaio 2003, allo stadio Olimpico di Roma. Era di scena la “Partita del cuore”, attori e cantanti che si sfidavano a rincorrere in mutande la pelota, per scopi benefici. Una riedizione patinata della classica scapoli – ammogliati. Veramente un mio amico, che segue con la dovuta devozione le vicende dei Vip, mi sussurra: Più che scapoli – ammogliati è stata la partita scapoli/conviventi – separati/divorziati. E prosegue, nel suo bel linguaggio d’altri tempi: Quando la percentuale acclarata delle convivenze, delle separazioni e dei divorzi si attestasse per tutti gli Italiani sul metro vigente per gli uomini di spettacolo, la famiglia, ben lungi dal potersi ancora candidare, ancorché timidamente, a cellula della società, sarebbe questione d’archeologia culturale. Fatti loro. Ma anche fatti nostri, visto che sono loro i maÈtres à penser dei sottoproletari del pensiero che don Milani chiamava burattini obbedienti: quelli che… tutti i giorni alla catena di montaggio, a testa bassa, e tutti i sabati sera in discoteca, ubbidienti, tutti, in fila per due, sempre, e la domenica pomeriggio tutti allo stadio, ubbidienti, tutti, sempre. Sottile, la pubblicità della Partita del cuore. Voce fuori campo, suadente: “Andateli a vedere, la sera del 5 gennaio…”. Ironica: “Per loro la porta è sempre troppo stretta, in diversi devono ancora decidere se il pallone è rotondo o quadrato…”. Vibrante: “Beh! Non saranno campioni di calcio, ma sono campioni di solidarietà”. Da giorni stavo cercando, a beneficio dei miei alunni universitari, una soddisfacente definizione di solidarietà; e l’avevo trovata nella Sollicitudo rei socialis di Giovanni Paolo II: Solidarietà è la ferma e perseverante determinazione a perseguire il bene comune, sulla base di un radicale sentirsi responsabili di tutto. Ho un cuore anch’io, ma di fronte a quella pubblicità della Partita del cuore ho dovuto tirare un attimo il freno. Se i campioni (N.B. campioni, non gregari) della solidarietà sono loro, se a simbolo di solidarietà assurgono la pelata del Commissario Montalbano, lustra di sudore, e l’epa ballonzolante dell’altro habitué del piccolo schermo, mi pare si chiami Masciarelli, quello che risponde con uno sguardo ovino alla sguardo liquido e vaccino che gli riserva la Venier, se questo è quanto …: scusate, non sarebbe il caso che il freno lo tiriamo tutti?