La riforma della scuola: la risposta della Chiesa

Assisi / Incontro dei rappresentanti di Pastorale scolastica e degli insegnanti di religione

Mercoledì 10 gennaio, si sono riuniti a S. Tecla (Assisi) i rappresentanti diocesani sia della Pastorale scolastica che dell’Irc (Insegnamento di religione cattolica nelle scuole). Presiedeva mons. Sergio Goretti, vescovo di Assisi-Nocera-Gualdo Tadino e presidente della Conferenza episcopale umbra; egli succede come vescovo delegato per la Scuola a mons. Franco Gualdrini, cui va sempre il nostro pensiero riconoscente. All’ordine del giorno, il problema della scuola nell’attuale momento e la nostra risposta di Chiesa. Due sono stati gli argomenti di fondo, affidati rispettivamente a Rita Ferri Ciancaleoni e a don Claudio Melinelli della curia di Perugia: la Riforma della Scuola e l’insegnamento della religione nelle scuole. In appendice si è fatta parola anche della scuola cattolica. Quanto alla Riforma della Scuola, si è deciso di non indugiare nella polemica ma prendere atto di quella che è la legge sull’autonomia, già regolarmente votata, e studiarne le varie opportunità in ordine ad una impostazione che risulti di sicura promozione delle nuove generazioni. Rita Ferri, già direttrice didattica, è partita da un dato oltremodo positivo, l’art. 1.1 della legge-quadro: “Il sistema educativo e di istruzione è finalizzato alla crescita e alla valorizzazione della persona umana, nel rispetto dei ritmi dell’età evolutiva, delle differenze e dell’identità di ciascuno, nel quadro della cooperazione tra scuola e genitori, in coerenza con le disposizioni in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche e secondo i principi sanciti dalla Costituzione e dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo”. Qualsiasi critica si voglia fare alla legge, il principio accennato è pienamente in linea con la visione cristiana dell’uomo, figlio di Dio, e come tale di una dignità che nessun potere umano dovrà mai manomettere o ignorare. Noi sappiamo che la scuola educa per via di conoscenza: una conoscenza non già preconfezionata, veicolata, passiva, secondo l’immagine tradizionale del sacco da riempire, bensì cercata, voluta, costruita, attraverso un processo altamente personale di pur sofferta, ma sempre gioiosa conquista. Si apre a questo punto il capitolo dei “saperi”, nella ricerca della “essenzialità” degli interventi scolastici, finalizzati ad un approfondimento significativo. Imparare a conoscere, imparare “a fare, a vivere insieme, ad essere”. A questo punto si impone l’esigenza, indubbiamente rischiosa ma irrinunciabile dell’autonomia, attraverso la quale al docente come all’intera organizzazione scolastica, ivi compresi gl’enti locali e le famiglie, viene aperta la strada alla ricerca libera e sperimentale delle vie più adatte per un progetto di tale portata. C’è indubbiamente anche il problema dei cicli, ma la problematica andrà affrontata in altra sede. Resti comunque fermo il principio di una risposta il più possibile consona ai ritmi evolutivi. Certo, è una Riforma che equivale addirittura a una rivoluzione. Compito nostro è farne una risoluzione di progresso. La comunità cristiana dovrà porre in atto ogni impegno per questa “animazione di realtà temporale” che spetta fondamentalmente ai laici, ma non esclude certo la Chiesa nella sua interezza. I nuovi programmi di religione cattolica, già pubblicati, sono in linea con la nuova struttura, rigorosamente unitaria, del curricolo: curricolo continuo dalla Scuola dell’infanzia alla Scuola superiore, con aree disciplinari tra loro correlate. A questo punto va sfatato il pregiudizio che l’insegnamento della Religione entri nella scuola come un surplus di catechesi, quasi supplemento o supplenza di catechismo. Assolutamente no. Come precisa l’articolo 9 del Concordato l’insegnamento della Religione fa proprie le finalità della scuola, fa propria la via della cultura, si propone la formazione dell’uomo. Ora è indubbio che il patrimonio culturale italiano – arte, filosofia, scienza, letteratura e ogni altra area del sapere – ha le sue radici nella fede dei padri. Senza gli insegnanti di religione cattolica, avremmo una cultura mutila e senza adeguate risposte, incapace di leggere il presente e tanto meno di aprirsi a un positivo futuro. Il cristianesimo può dirsi davvero conosciuto, o non piuttosto nella visione di molti è completamente distorto, fermo ad alcune immagini infantili o infarcito di tante sovrastrutture di religiosità popolare? Non siamo contro quest’ultima, ma indubbiamente è necessario un ripensamento che deve partire appunto dal vangelo e dalla verità. Solo così l’uomo potrà fare scelte veramente libere e responsabili, quando sarà fatta chiarezza non solo a livello biblico e teologico ma anche culturale. Ma come ottenere tutto questo, senza la riqualificazione dei docenti? Si impongono nuovi percorsi di formazione. Naturalmente per tutte le discipline, e quindi anche per l’Irc. Che valore avrà allora l’Idoneità già riconosciuta agli insegnanti di religione già in servizio? E a quali condizioni potranno ottenerla i nuovi? Come si sa, il Concordato riserva al Vescovo diocesano il riconoscimento della Idoneità. Nella seduta di mercoledì sono state elaborate varie proposte che saranno sottoposte ai vescovi umbri: è di buon augurio l’unanimità con cui sono state votate. Comune è il convincimento: l’Idoneità di ieri, pur apprezzabile, è ormai superata, si impone l’aggiornamento, addirittura progressivo. Si attende la decisione dei vescovi.Nella riunione è stato anche affrontato il tema della scuola cattolica e il problema della parità, attualmente né automatica né obbligatoria. A parte altre considerazioni, è essenziale che la scuola cattolica sia pienamente all’altezza della scuola statale né dovrà immaginarsi come un corpo a sé, completamente isolato ma in positivo rapporto con la stessa scuola statale ed ogni altra agenzia educativa, pur nell’autonomia della ricerca e della sperimentazione. Resta fondamentale la parola del Papa: “Rivolgere con sincerità e coraggio lo sguardo al proprio interno per individuare e mettere in atto ogni sforzo e collaborazione, che possano migliorare la qualità della scuola cattolica ed evitare di restringere ulteriormente i suoi spazi di presenza nel Paese”. In Umbria, la scuola cattolica è soprattutto la Materna. La Riforma, dopo un certo altalenare, l’ha confermata in tre anni: non siano anni di parcheggio ma veramente di “scuola”, cioè di autentica crescita del bambino nel conoscere, nel fare, nell’essere: si cerchi così la parità, prima ancora che sul piano giuridico – ogni scuola deciderà in autonomia – su quello educativo.

AUTORE: Agostino Rossi