L’acqua unita al vino nel calice

Buongiorno don Verzini, quale è il significato del gesto con cui il sacerdote versa una piccolissima quantità di acqua nel vino durante l’offertorio?

 

Buongiorno a lei.
Il gesto di unire l’acqua al vino nel momento della preparazione dei doni è uno di quei piccoli gesti della liturgia eucaristica poco comprensibili ma carichi di significato simbolico. Questa semplice azione rituale è di antichissima data: abbiamo più testimonianze di questa prassi, nata dall’uso comune sia nel mondo greco sia in quello semitico, di mescolare il vino con l’acqua, soprattutto se si era di fronte a vini corposi. Addirittura alcune tradizioni vogliono che lo stesso gesto sia stato compiuto da Gesù, pur non avendo noi nessuna testimonianza in merito nei racconti dell’Ultima Cena. San Cipriano di Cartagine (III sec.) associa a questo gesto la mescolanza dell’umanità con il Cristo. In una delle sue let- tere, quella indirizzata a Cecilio, afferma: “Se qualcuno offrisse solo vino, il sangue di Cristo inizierebbe a essere senza di noi. Se invece ci fosse solo acqua, allora il popolo inizierebbe a essere senza Cristo” (Epistola 63,13). Anche san Tommaso D’Aquino (XIII sec.) nella Summa theologiae difende quest’uso, dandovi quattro ragioni differenti (III, qu. 74, a. 6), non ultima quella di significare l’unione del popolo cristiano con Cristo.

Ciò che ci testimonia il passato è il senso che anche oggi è contenuto in questo gesto. Infatti, pur non essendo udibile, il sacerdote o il diacono quando versano una goccia d’acqua nel vino dicono sottovoce: “L’acqua unita al vino sia segno della nostra unione con la vita divina di colui che ha voluto assumere la nostra natura umana”. Ecco allora come un gesto piccolo e poco conosciuto porta in sé un significato molto profondo: l’unione della nostra natura con la vita di Cristo, l’unione al suo sacrificio del nostro sacrificio, la nostra partecipazione a ciò che il vino sta per diventare.

 

AUTORE: Don Francesco Verzini