L’ambiguità delle scoperte scientifiche

L'OPINIONE

Inquinamento, ingegneria genetica, cibi transgenici, manipolazioni embrionali, cellule staminali,… parole che tornano con frequenza sulla stampa e nei discorsi della gente. Alcune volte con meraviglia e fiducia, altre volte con preoccupazione e paura. In questi ultimi tempi è soprattutto con il secondo stato d’animo che si leggono sia le notizie delle nuove scoperte che quelle di strabilianti applicazioni. La scienza da benemerita del progresso umano va assumendo così, sempre più nettamente, una connotazione ambigua. Dietro le sue legittime volontà di conoscenza occhieggia il mostro della distruzione degli equilibri naturali.. Ritengo che non si possa non condividere questa preoccupazione. La scienza attuale, soprattutto quella biologica, scambiando, sostituendo e inserendo nuovi pezzi nelle complesse realtà naturali, sembra che stia giocando, pericolosamente, con un immenso meccano. Come farà poi, si chiede la gente comune, a tutelarci contro conseguenze sciagurate non previste né prevedibili? La si fermi allora, la scienza, si chiudano i laboratori e si impedisca a chicchessia di portare avanti ricerche a rischio. E’ questa la reazione radicale. Ed è contro questa reazione, a mio parere profondamente errata, che intendo prendere posizione. E’ opportuno partire da una semplice ed ovvia considerazione. Porre uno stop alla ricerca significherebbe impedire di dare risposte adeguate a legittime richieste di conoscenza ed impedire anche che nuove domande possano sorgere. Sarebbe un’operazione oscurantistica che non porterebbe altro che frutti di ignoranza e privazione di possibili ed auspicabili ricadute pratiche. E’ più corretto, invece, proporre soluzioni adeguate alla stessa dinamica conoscitiva della scienza. C’è da ricordare, a questo proposito, che nell’ambito di quella che si chiama genericamente “scienza” coesistono due realtà differenti: la “scienza di base” e la “scienza applicata”. La prima ha come unico scopo la conoscenza della natura, delle sue leggi e dei suoi meccanismi, la seconda ha invece finalità eminentemente pratiche. E’ nel suo ambito che si sviluppa la tecnica e che fioriscono le utili applicazioni che riempiono la nostra vita quotidiana. Non è difficile rendersi conto che la quasi totalità delle novità scientifiche che destano preoccupazione appartiene alla seconda categoria, quella della scienza applicata. In questo campo a dettare le regole del gioco non è la sete di conoscenza in quanto tale, ma le richieste del mercato, le esigenze della produzione, la pressione della concorrenza, e, in ultima analisi, le leggi codificate e no che regolano tutti questi fattori. In altre parole, non è sufficiente che la scienza di base fornisca all’altra scienza le leggi e le acquisizioni che ha scoperto perché esse risultino automaticamente applicate. E’ determinante l’apporto aggiuntivo dell’iniziativa industriale, dell’impianto commerciale e del complesso delle leggi e dei regolamenti che a livello statale sovrintendono a tutte queste attività. La scienza di base e quella applicata sono, quindi, profondamente diverse e si sviluppano in ambiti diversi. E’ questa diversità che permette interventi correttivi e, se si vuole, limitativi senza che ne sia pregiudicata la libertà della ricerca di base e l’esigenza di sempre maggiore conoscenza. E’ sufficiente che si intervenga nel momento in cui il sapere scientifico diventa applicazione pratica. E’ a questo livello che è possibile rinunciare ai criteri impersonali dello scambio di mercato e del profitto economico per fare scelte ed imporre regole più umane e giuste, che tengano nel debito conto le esigenze della dignità umana e le richieste dell’ambiente. E’ a questo livello, quindi, che si deve inserire l’iniziativa responsabile della classe politica che deve avere anche il coraggio di scegliere, tra tutte le possibilità offerte dalla scienza di base, quelle effettivamente utili al bene comune: non è detto che tutto ciò che è possibile fare sia anche ciò che è raccomandabile fare. Con questo non sto dicendo che la scienza di base è libera di fare tutto ciò che vuole, mentre la responsabilità delle applicazioni pratiche ricade sulle spalle dei politici. La scienza di base ha altre ad altrettanto gravi responsabilità etiche che sono però di natura diversa da quella che normalmente le viene attribuita. Ad ognuno le sue responsabilità! Non fosse altro che per evitare di gettare via insieme all’acqua sporca anche il classico bambino. Tutto questo in teoria. In pratica, la situazione di paralisi legislativa e di stasi del dibattito politico relativamente a questi temi dice che stiamo andando verso direzioni sbagliate.

AUTORE: Carlo Cirotto