L’antipaticone

Il calcio non mi è mai mancato. Non alludo all’elemento chimico che dà solidità – mi dicono – alle nostre ossa. Alludo allo sport del calcio. Al Seminario romano ce ne offrivano dosi massicce. Eravamo, tra i due anni di filosofia e i quattro di teologia, un 70 studenti, all’ombra dell’Ecclesia omnium ecclesiarum mater, e disponevamo di due campi di calcio, della misura prevista per i tornei giovanili. Campi oltretutto drenati ottimamente: al punto che anche solo dieci minuti dopo l’acquazzone più violento erano già praticabili. Certo, dovevamo indossare la talare anche durante la partita, ma il nostro era un calcio di prima qualità.

Giganteggiava Pietro Brollo, futuro arcivescovo della sua Udine, un nibelungo biondo, alto due metri e con le spalle come un armadio a tre ante. Lui giganteggiava, ma anche io me la cavavo.

Anche da prete ho continuato a giocare tutte le volte che ho potuto. Il giorno della festa patronale del mio paese, Scheggia, organizzarono una partita scapoli-ammogliati, e ognuno dei due gruppi mi voleva con sé. Gli ammogliati sostenevano che considerarmi uno scapolo era un’offesa, gli scapoli esigevano che prima di scendere in campo mostrassi mia moglie al pubblico. Ne nacque un’accesa disputa antropo-teologica. Conclusione: potevo scendere in campo, ma solo seduto in panchina.

Bei tempi. Oggi, se mi azzardo a colpire di tacco o di punta uno di quei palloni grossi e leggeri che usano i bambini, rischio di cadere e di sconocchiarmi le ossa. Oggi il calcio che mi serve è quello della Danacol. Quanto al calcio giocato, i Campionati europei mi vedono davanti al piccolo schermo puntuale, attento e competente. E anche maligno, a volte.

Ho fatto un salto di gioia (attenti allo sconocchiamento!) quando, nella partita Ucraina-Svezia, Shevcenko ha beffato Ibrahimovic girandogli intorno per poi infilare in porta il pallone del vantaggio.

Ibrahimovic mi è cordialmente antipatico. Mi è antipatico perché è brutto, ma brutto de core! Il profilo è quello della strega, non per niente si pettina da donna. E quando fa le boccacce occorre averci pensato prima, a tappare gli occhi ai bambini.

Ma soprattutto mi è cordialmente antipatico perché, qualche europeo fa (intendo passato Campionato europeo) organizzò la pastetta che rispedì a casa la nostra Nazionale. Perché questo accadesse era necessario che una certa partita, tra due squadre dell’Europa del Nord, pareggiasse 2 a 2. La strega compì il maleficio, la partita de qua finì 2 a 2, noi tornammo a casa con la coda tra le gambe (quelli che ce l’hanno). Poi Ibra venne da noi, in Italia, e lo coprimmo d’oro.

P.S. Dovevo parlare di Italia-Croazia? Ma mancano appena 29 ore, 48 minuti, 12 secondi, 51 decimi di secondo e 43 centesimi di secondo all’inizio dello scontro!

AUTORE: Angelo M. Fanucci