La sindrome del listino e della vittoria ‘non esagerata’, sotto il 60 per cento: sembra essere questa la strategia che ha adottato il centro sinistra umbro per garantire il seggio ad alcuni esponenti politici nelle elezioni regionali del prossimo aprile. Quando le sorti della Ast di Terni appaiono sempre più preoccupanti, accennare alle strategie per ottenere il dorato posto in Consiglio regionale può sembrare fuori luogo. Se questo non fosse l’altra faccia della medaglia della politica alla quale si chiede di risolvere i problemi, non solo a garantire il proprio futuro partitico (o personale). Il listino è formato da sei candidati, guidato dal candidato alla presidenza, che concorre all’elezione dei 30 consiglieri regionali accanto alle tradizionali liste (per il centro sinistra ce ne dovrebbe essere solo una). Se il centrosinistra – da sempre favorito – ottiene una percentuale compresa tra il 50 ed il 60 per cento, i componenti del listino vengono tutti eletti. Questo è avvenuto nella consultazione del 2000 con l’elezione della presidente Maria Rita Lorenzetti, al contrario del 1995 quando la percentuale vincente del centrosinistra, guidato da Bruno Bracalente, superò il 60 per cento che portò all’elezione solo dei primi tre componenti del listino. Ecco perché l’inserimento tra i primi tre posti rappresenta un’elezione sicura. Quindi diventa essenziale, se si vuole assicurare a qualcuno un posto in Consiglio regionale – una sorta di collegio senatoriale blindato ‘ collocarlo (per una volta), se non al primo, al secondo o al terzo posto. In questo modo verrebbero eletti sicuri Gianpiero Bocci (Margherita), Stefano Vinti (Rifondazione Comunista, al secondo listino consecutivo) Non va dimenticato il fatto che questa strategia li esclude dalla lotta feroce per le preferenze, ancora più difficile per i candidati del centrosinistra con una lista unica. Ma se si vuole favorire l’elezione anche degli altri tre, per garantire un equilibrio nella coalizione (è più corretto parlare di lottizzazione) o per altre ragioni, si può puntare ad abbassare la quota da vincitore (sotto il 60 per cento), anche con liste civetta, utili per abbassare il quorum. Negli ultimi tre posti dovrebbero essere collocati tre esponenti (un ds, uno per lo Sdi e l’altro per il Pdci). In passato gli ultimi tre del listino non si sono sottratti alla candidatura nelle liste di appartenenza per garantirsi un’eventuale elezione, se la quota del 60 per cento fosse stata superata. Basta citare il caso di Ada Girolamini, collocata nel 2000 nel listino, nella seconda terzina, eletta anche per il proprio partito. In questo modo ha ottenuto l’elezione con il listino, lasciando un posto libero per Marco Fasolo, sempre Sdi. Sembrano alchimie politiche ma è molto più semplice di quanto possa sembrare. In queste giornate di frenetiche consultazioni nel centro sinistra si cerca in tutti i modi di liberare la strada per alcuni candidati. Un esempio? Il consigliere regionale uscente, al suo primo mandato, Carlo Antonini (Ds), ex sindaco, votatissimo, di Trevi, ha ‘accettato’ l’invito, a non ricandidarsi per evitare di sbarrare la strada all’attuale assessore regionale Vincenzo Riommi (Ds), che potrebbe pescare nello stesso bacino di preferenze.
L’elezione sicura? Nel listino
Elezioni regionali. Si stanno formando le liste e l'attenzione è puntata sui nomi 'blindati'
AUTORE:
Emilio Querini