L’equivoco primato della vita

C’è chi su questo nostro foglio ha definito “terribile” la microdenuncia che questi straccetti di riflessione hanno sporto: nel fondo oscuro di tante luminose “opere buone”, nelle fondazioni putride di tante “politiche sociali”, l’istanza che effettivamente fermenta – dicevamo – è il bisogno di difenderci dai poveri. Oggi più che mai. Le teste dell’idra di Lerna non sono più (classicamente) sette: no: alla luce del vangelo esse sono diventate settanta volte sette. Tornano di moda i manicomi; l’assegno di accompagnamento, nato per “accompagnare” il disabile a scuola o al lavoro, fra l’indifferenza generale è diventato una pensione supplementare, un ulteriore invito a stare a casa, per non rompere; Emma Bonino rilancia ad alta voce l’aborto come diritto invece che piatirne come tragica ultima spiaggia; il Parlamento olandese infrange il “tabù” che quello sprovveduto di Ippocrate aveva eretto contro l’eutanasia…Signori miei, che altro potevamo aspettarci da un mondo che equivoca su uno dei principi più sbandierati e più malintesi, il primato della vita? “Che la vita viva!”: tutti, ma proprio tutti oggi si riconoscono in questo slogan. Epperò i significati che gli vengono attribuiti sono non solo diversi, ma contrapposti. Superando la legittima suspicione indotta da certi terrificanti pistolotti parenetici che (da plaghe lontanissime) alcuni eccellentissimi vescovi ci propinano, leggetevi la splendida ouverture del 26.mo capitolo di La verità di farà liberi. Il catechismo della CEI. L’equivoco primato della vita. Per tutta l’area laicista e radicalchic la “vita” si identifica con i “fattori” della vita: con il successo, con l’efficienza, la ricchezza, il piacere, la relazione, con tutto ciò che, sotto il cielo plumbeo dal quale Dio è stato espulso, “fa la vita degna di essere vissuta”. Quando qualcuno di questi fattori viene a mancare lorsignori dicono: “Ma questa non è vita!!”. Come se la vita fosse una certa cosa nel giovane aitante e intelligente e un’altra cosa nel ragazzino rachitico e ritardato. In questo contesto si capisce benissimo il dilagare della “cultura della morte”. E si capisce il bisogno di difendersi dai poveri. Noi cristiani non ci stiamo. Noi siamo sulla collina di fronte.