Lo Statuto regionale deve tener conto del dettato della Costituzione

Un documento dei giuristi cattolici su

L’Unione giuristi cattolici di Perugia ha recentemente provveduto al rinnovo delle cariche (presidente l’avvocato Eliana Petrozzi, vicepresidente avvocato Lucio Giommoni, tesoriere il giudice Michele Frate, segretario avvocato Maurizio Mariani, avvocato Filippo Teglia incaricato per i giovani. Consiglieri sono stati eletti il giudice Maria Rita Belardi e il pubblico ministero Giuliano Mignini. Come prima uscita ufficiale il nuovo Consiglio direttivo ha concordato di dedicare ogni attenzione alla famiglia tenendo conto che nel nuovo Statuto della Regione dell’Umbria sarebbe delineata come una comunità familiare, in cui sarebbero ricomprese ed equiparate ogni tipo di unione. Allo scopo è stato redatto un documento trasmesso al presidente della Commissione Statuto, Fiammetta Modena. L’Unione, inoltre, figura tra le associazioni che la Commissione si riserva di ascoltare una volta completata la prima bozza dello Statuto regionale. Umberto MaiorcaLa famiglia nel nuovo Statuto della Regione dell’Umbria: riflessioni dei Giuristi Cattolici di PerugiaNella più generale trasformazione della società da agricola ad industriale ed urbana anche la famiglia ha subìto notevoli trasformazioni passando gradualmente dal modello patriarcale (in cui vi è la tendenza a valorizzare il gruppo familiare allargato) a quello “nucleare” (con l’affermazione della coppia e dei figli). Il nuovo modello istituzionale, affermatosi attraverso un processo plurisecolare, prevede una società di eguali in cui ciascun componente (marito-moglie, genitori-figli) conferisce il suo contributo autonomo e responsabile. I principi di questo modello sono stati inseriti nella Costituzione della Repubblica Italiana deliberata dall’Assemblea Costituente ed entrata in vigore il 01.01.1948. Nella Costituzione, dopo l’enunciazione dei principi fondamentali, troviamo nella prima parte (diritti e doveri dei cittadini) il titolo secondo che individua gli indirizzi generali dei rapporti etico-sociali. Con l’articolo 29 la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio che è basato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi con i limiti stabiliti dalla Legge a garanzia dell’unità familiare. L’articolo 30 sancisce che è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli. L’articolo 31 dispone che la Repubblica agevola con misure economiche ed altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei suoi compiti. Con l’articolo 36 (titolo terzo: rapporti economici) si riconosce al Lavoratore il diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e, in ogni caso, sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. La Costituzione, pertanto, riconosce la famiglia come società naturale che nasce da un’esigenza propria dell’essere umano e che è fondata sul matrimonio. Il matrimonio, dunque, costituisce il cardine della famiglia e consiste nella libera adesione ad un modello giuridico sottratto alla disponibilità delle parti e non modificabile. Con il matrimonio (atto pubblico) gli sposi dichiarano di assumere i diritti e i doveri propri dello stato coniugale. Nell’ordinamento giuridico viene sancito il dovere dello Stato di creare le condizioni che consentano alla famiglia di perseguire le proprie finalità anche con l’affermazione del principio di sussidiarietà. E’ previsto, quindi, un intervento sostitutivo dello Stato nei casi in cui la famiglia sia incapace di provvedere a se stessa. La famiglia (così come delineata dalla Costituzione Italiana) è solo quella che trova la sua origine in un atto formale, solenne, pubblico e responsabile con cui un uomo e una donna decidono liberamente di prendersi in marito e moglie. Questo atto, dunque, non è solo personale e privato, ma coinvolge i membri della famiglia (coniugi, figli, ecc..) creando aspettative e speranze. Il diritto è chiamato sempre a garantire e sostenere le funzioni educative, sociali, assistenziali e solidaristiche riconosciute ed affidate alla famiglia. La famiglia, in conclusione, si fonda sul matrimonio i cui principi sono stabiliti dalla Costituzione ed attuati attraverso la legislazione ordinaria.(…) Illustrati i principi fondamentali unanimemente indicati dai Padri Costituenti, deve essere ribadito che anche le Regioni devono impegnarsi a sostenere la famiglia e, cioè, quel soggetto giuridico che nella Costituzione è stato così chiaramente definito. Il nuovo Statuto della Regione dell’Umbria è la sede naturale per sancire i principi a cui dovranno ispirarsi le Leggi attuative. Statuto non potrà, in definitiva, non riconoscersi piena e totale “cittadinanza” alla famiglia costituzionalmente prevista (società naturale fondata sul matrimonio di un uomo e di una donna). La Costituzione assicura ampia e completa libertà di scelta a ciascun individuo che può costituire la famiglia fondandola sul matrimonio, ma può anche rimanere al di fuori di questo schema giuridico. Dalla famiglia fondata sul matrimonio derivano specifiche responsabilità giuridiche, diritti e doveri, ma anche sostegni dell’Ente pubblico. (…)Nel matrimonio la coppia sottoscrive un “patto” stabile da cui discendono effetti sul piano civile, mentre la semplice convivenza coinvolge unicamente le due persone che stanno insieme. Il matrimonio può essere sciolto solo sulla base delle Leggi vigenti, mentre la convivenza può essere interrotta in qualsiasi momento senza necessità di atti formali. La famiglia costituzionalmente disciplinata non può essere respinta nel privato, ma le deve essere riconosciuto un preciso ruolo a livello giuridico che la distingua da altre forme di unione non fondate sul matrimonio. Nella famiglia, infatti, si dà un quid pluris di stabilità e di impegno sociale che vanno giuridicamente tutelati per sostenere e promuovere le famiglie in senso proprio. La “difesa” e la richiesta di riconoscimento della famiglia così come costituzionalmente prevista non tendono a penalizzare le unioni di fatto, ma solo a tutelare un rapporto soggettivamente e oggettivamente diverso con il quale non possono essere né confuse né equiparate. A tale soluzione è giunta anche la Corte di Giustizia delle Comunità Europee in seduta plenaria (sentenza 31.05.2001). Nella decisione della Corte si ricorda, in primo luogo, che, in occasione dell’adozione del Regolamento 781/98, non è stata accolta la domanda di equiparazione al matrimonio delle unioni stabili registrate. I Giudici osservano, poi, che è pacifico come il termine matrimonio, secondo la definizione comunemente accolta, designi l’unione tra due persone di sesso diverso. Anche i regimi di registrazione di relazione di coppia nei vari Stati membri dell’Unione Europea – prosegue la Corte – distinguono nettamente tali relazioni dal matrimonio. Tenuto conto di quanto sopra ricordato i Giuristi Cattolici di Perugia ritengono che l’articolo 5 del nuovo Statuto debba indicare solo i principi ispiratori in merito alla famiglia così come costituzionalmente delineata. Altri ed autonomi articoli dello Statuto potranno disciplinare unioni di fatto alle quali, tuttavia, non potranno essere riconosciuti gli stessi diritti e tutele della famiglia intesa come società naturale fondata sul matrimonio di un uomo e di una donna. In queste riflessioni i Giuristi Cattolici di Perugia si sono limitati a “difendere” il matrimonio civile così come costituzionalmente inteso. E lo difendono come “cittadini”. In questa sede, infatti, non appare opportuno soffermarsi sulla visione cattolica della famiglia che nasce dal Sacramento del matrimonio. E ciò malgrado che quella cattolica sia la religione in cui si identifica la maggior parte dei cittadini.