È più del “mare nostrum”. È il nostro mondo

di Andrea Possieri

Che cos’è il Mediterraneo? “Mille cose insieme – scriveva Fernand Braudel. – Non un paesaggio, ma innumerevoli paesaggi. Non un mare, ma un susseguirsi di mari. Non una civiltà, ma una serie di civiltà accatastate le une sulle altre”. Il Mediterraneo, continuava lo storico francese, è “un crocevia antichissimo” in cui da “millenni tutto confluisce, complicandone e arricchendone la storia”.

Il Mediterraneo nell’immaginario comune

Un crocevia di umanità talmente complesso che non si può sintetizzare solamente con l’espressione mare nostrum, ma occorre far riferimento, come sottolineava Braudel, all’esistenza di un “mondo mediterraneo”, ovvero “un sistema in cui tuttosi fonde e si ricompone in un’unità originale”. Mai come oggi, per merito soprattutto della Chiesa italiana che ha promosso l’incontro di riflessione e spiritualità di Bari, questo “mondo mediterraneo” sembra aver riacquistato quella centralità perduta dopo decenni di marginalità.

Per troppo tempo il Mediterraneo è stato visto soltanto attraverso la lente deformante di un dépliant turistico, oppure come una frontiera politico-culturale tra mondi opposti e, infine, come un luogo di morte, in cui il conteggio dei migranti che avevano perso la vita in mare si accompagnava, drammaticamente, al numero degli “sbarchi” in Grecia o in Italia. Sole e mare, confini e guerre, miseria e disperazione.

Una miscela indigesta di immagini e paure senza alcun denominatore comune. Oggi, invece, la bellezza dei paesaggi si combina con la ricchezza di un pensiero antico e la virtù della speranza. Ci troviamo, infatti, alla vigilia di un evento di portata storica eccezionale. Per almeno tre motivi. Innanzitutto,per le ragioni che hanno portato all’organizzazione di questo incontro.

Unione di civiltà

Un incontro che affonda le sue radici culturali nel pensiero di Giorgio La Pira il quale, ben prima del Concilio Vaticano II, vedeva il Mediterraneo come il “grande lago di Tiberiade” che poteva unire – e non solo dividere – le civiltà che componevano la “triplice famiglia di Abramo”. All’ideologia dello scontro, il sindaco di Firenze contrapponeva, in questa visione profetica, la cultura dell’incontro e della pace. In secondo luogo, per il ruolo della Chiesa italiana.

Una Chiesa che oggi, grazie all’intuizione del Presidente della Cei, card. Gualtiero Bassetti, si proietta al di fuori del territorio nazionale – facendosi concretamente “in uscita” –, sviluppa un “metodo sinodale” ed esercita una leadership morale, seppur in clima di comunione, sulle altre Chiese mediterranee.

L’incontro di Bari

L’incontro di Bari, dunque, già nelle sue premesse ha raggiunto un obiettivo storico: riunire e raccogliere i vescovi cattolici che si affacciano sul Mediterraneo e che provengono da tre diversi continenti, Africa, Europa e Asia. Un evento “unico nel suo genere”, ha affermato l’Arcivescovo di Perugia, che dunque merita di essere seguito con attenzione e fiducia.

In terzo luogo, infine, ci troviamo di fronte a un incontro di grande rilevanza per ciò che riguarda la geopolitica mediterranea, ovvero uno degli scacchieri più delicati e strategicamente più importanti nel mondo contemporaneo. Ovviamente, trattandosi di un’assemblea di vescovi e non di politici – sebbene saranno presenti alcune tra le più importanti cariche istituzionali del mondo contemporaneo –, emergerà soltanto lo sguardo e la premura dei Pastori, e non verranno certamente prodotti documenti vincolanti per le nazioni.

I temi

Ma come non sottolineare, però, l’enorme rilevanza pubblica – e quindi anche politica – che assumerà la voce dei Vescovi in questo contesto internazionale così frammentato e multipolare? È bene tenere a mente, infatti, alcune delle questioni cruciali che investono questa regione.

Innanzitutto le risorse energetiche: da un lato, la complessa situazione del gasdotto EastMed che divide in due campi opposti i cosiddetti Paesi della sponda nord e, dall’altro lato, il ruolo subalterno che, invece, svolgono i Paesi della sponda sud del Mediterraneo.

In secondo luogo, il complesso rapporto tra i processi di democratizzazione, lo sviluppo economico e il rispetto delle minoranze religiose – i cristiani in Medio Oriente, per esempio – che, dopo l’illusione suscitata dalle “primavere arabe”, necessita, oggi più che mai, di essere affrontato seriamente.

In terzo luogo, le migrazioni internazionali in cui si combinano le cosiddette opportunità politiche – che a volte si trasformano in minacciosi ricatti – con la doverosa e necessaria salvaguardia dei diritti umani dei migranti. E infine la questione delle comunicazioni: non tanto per riproporre il tema del digital divide tra Nord e Sud, ma per sottolineare la centralità del controllo dei dati dei flussi comunicativi che passano, inesorabilmente, attraverso i cavi sottomarini a fibra ottica.

Oggi il Mediterraneo è solcato da un’autostrada sottomarina a 10 corsie che ha un’importanza politicostrategica enorme. Nessuno può prevedere come si svilupperà il dibattito tra i vescovi. Se tutti o soltanto alcuni di questi temi saranno affrontati nei tavoli di discussione. Senza dubbio, però, la cornice simbolica in cui si svolgerà l’incontro sarà quella della conoscenza e del dialogo. Una cornice che permetterà di riscoprire finalmente l’appartenenza a un unico “mondo mediterraneo”.