Non solo sanità ospedaliera: anche la medicina territoriale soffre la pandemia

Sappiamo bene che al momento la sanità ospedaliera umbra è particolarmente in crisi a causa della pandemia e della terribile seconda ondata che ha colpito la nostra regione in particolare.

Ma come se la passa invece la sanità territoriale, quella che per definizione dovrebbe essere più vicina al cittadino?

Da un anno a questa parte si moltiplicano i racconti di pazienti che si sentono abbandonati, di visite per altre patologie altrettanto serie rimandate e di medici di medicina generale sopraffatti dalla situazione.

La parola al dott. Marco Dottorini, pneumologo

(Le interviste audio al dott. Marco Dottorini e Piero Grilli dello speciale XL News di Umbria radio)

Quello che sta accadendo è tanto semplice quanto drammatico: il personale medico non basta e la pandemia non ha fatto altro che portare alla luce un problema già esistente da anni. “Con la chiusura completa degli ambulatori dell’ospedale di Perugia, tutte le visite in sospeso sono sulle nostre spalle, sulle spalle dei presidi territoriali”, spiega il dottor Marco Dottorini, pneumologo della Asl 1.

“Nella prima fase, per carenza di specialisti pneumologi, siamo stati chiamati ad affiancare i colleghi di Pantalla, riducendo ulteriormente l’attività ambulatoriale già provata e ridotta – racconta – . Ora abbiamo ripreso ma con grande fatica. Solo in pneumologia parliamo di 900 visite prese in carico dal Cup e non ancora evase. Dopo la prima ondata, che da noi era stata ben poca cosa, avevamo fatto un programma di recupero delle visite in sospeso e ci stavamo rientrando. Adesso però la situazione è peggiorata con l’aggravarsi di quella ospedaliera e vanno quindi di nuovo analizzate tutte le prenotazioni e ricanalizzate a seconda della gravità o necessità”.

Alla base di tutto, come dicevamo, una grave carenza di medici e in particolare di specialisti nel pubblico. Come si può uscire quindi da questa situazione?

“Purtroppo i medici non possiamo comprarli al mercato, vanno formati nel corso di anni – ha commentato Dottorini – . Per adesso l’unica cosa da fare è selezionare quelle necessità più impellenti e sperare che presto anche gli ambulatori dell’ospedale possano riprendere la loro attività. Dal canto nostro stiamo cercando di tutelare il paziente cronico che non può essere lasciato solo ma ha bisogno di una gestione particolare e di essere seguito continuamente nella prevenzione delle riacutizzazioni, per fare in modo che non necessiti di ospedalizzazione.

Non si parla ovviamente solo di patologie legate al Covid, ma del nostro ‘ordinario’. Poi a questo si è aggiunto anche il post Covid perché molti dei pazienti che hanno avuto il coronavirus e hanno superato la fase acuta, specie quelli che sono stati sottoposti a ventilazione invasiva o non invasiva, hanno delle sequele polmonari importanti sulle quali va impostato un programma di riabilitazione respiratoria.

Altra ipotesi, poi, è richiedere l’aiuto qualificato degli specialisti privati, ma nel nostro campo sono pochi anche privatamente”.

Dott. Piero Grilli, medico di medicina generale

Anche sul fronte della medicina generale, quella dei cosiddetti ‘medici di famiglia’, la situazione, da un anno a questa parte, non è delle migliori.

“L’attività che noi medici di famiglia svolgiamo è cambiata di molto. Se prima il contatto era continuo e senza limiti e ostacoli, con le persone che accedevano agli ambulatori secondo le loro esigenze, questo evento drammatico della pandemia ci ha obbligato a regolamentare l’accesso alla medicina generale”, racconta il dottor Piero Grilli , che ha il suo ambulatorio a Pianello. “Se da un punto di vista organizzativo la medicina generale è migliorata, dal punto di vista della relazione si sono ridotte le occasioni di contatto. Questo non toglie il fatto che comunque il medico di famiglia può avere un contatto giornaliero telefonico con i suoi pazienti Covid.

Io con qualcuno ho anche fatto delle videochiamate per visionare effetti visibili, come nel caso di una signora anziana che aveva sviluppato un ematoma”. La difficoltà dei medici di famiglia è anche quella di fare da mediatori nel vortice di informazioni spesso confuse che arrivano.

“Questo aspetto – sottolinea Grilli – è ancora più evidente attualmente nella fase dei vaccini. L’informazione che è passata al momento, ad esempio, è che i medici di famiglia possono fare le vaccinazioni a domicilio per gli anziani impossibilitati a spostarsi. Io mi sono reso disponibile, ma mi manca la materia prima, ovvero il vaccino stesso”.

Valentina Russo