Mons. Radossi, da Tito all’Umbria. Qui, vescovo di Spoleto, fondò “Il Risveglio”

Quando La Voce iniziò il suo cammino, cioè sessant’anni fa, io ero giovane parroco in un antico castello longobardo del Leonessano, a 1100 metri d’altezza, e La Voce mi aiutò a non sentirmi solo né isolato. Recava notizie delle varie diocesi dell’Umbria, ma diceva anche parole chiare sul comunismo, che in quegli anni era esaltato in regione come un regime di libertà e di giustizia sociale.

Il vescovo del tempo, mons. Raffaele Radossi, che era stato vescovo di Pola e Parenzo, aveva vissuto sulla sua pelle il dramma della epurazione dei 300.000 esuli giuliano-dalmati da parte di Tito e dei suoi miliziani slavi, assistendo impotente alle orrende stragi delle foibe, un vero genocidio, e a tutte le vessazioni di quegli anni bui, compreso un attentato fatto a lui stesso scavando nella strada una profonda buca dove il Vescovo finì con la sua macchina, salvandosi fortuitamente. Il regime comunista lo processò e lo condannò a morte. A quel punto la Santa Sede decise di trasferirlo in luogo più sicuro, e il 7 luglio 1948 lo mandò vescovo a Spoleto, ove è rimasto 19 anni fino al 23 giugno 1967.

A Spoleto lo seguirono, profughi, preti e seminaristi con le loro famiglie, che furono dislocati soprattutto nelle parrocchie di montagna, scarse di clero. Un seminarista, compagno di scuola al Regionale di Assisi, Eugenio Ravignani, fu poi vescovo di Vittorio Veneto, quindi arcivescovo a Trieste. A Spoleto mons. Radossi diede subito vita il 20 maggio 1949 a un vivace settimanale, Il Risveglio, che non aveva timore di affrontare anche i comunisti, allora forte maggioranza nella città e nel suo territorio.

Con l’avvento de La Voce nel 1953, Il Risveglio confluì, come richiesto dai Vescovi, nel nuovo strumento di comunicazione regionale. Una maggiore vivacità anche polemica già era stata sollecitata con lettera dell’ 8 novembre 1952, com’è noto, anche dalla Segreteria di Stato (mons. Montini), che non gradiva il comportamento un po’ rinunciatario dei vescovi umbri.

Il nuovo direttore de La Voce, perciò, don Antonio Berardi, parroco di Fossato di Vico, diede al settimanale una impronta piuttosto battagliera per più anni, sino al 1972, quando morì d’improvviso. I Vescovi dell’Umbria, sotto la presidenza del nuovo vescovo di Perugia mons. Cesare Pagani, tornarono alla stretta regionalità del settimanale e alla rimodulazione dei suoi contenuti.

Oggi il settimanale s’è fatto ricco di rubriche pastorali, anche se ha ridimensionato l’antico smalto polemico, facendo crescere nuovi interessi per accompagnare il cammino pastorale della Chiesa, chiamata anche in Umbria a una “nuova evangelizzazione”, della quale Papa Francesco ha dato chiara definizione nella sua esortazione Evangelii gaudium (nn. 160-175), aprendo anche ai movimenti ecclesiali, che sono definiti “una ricchezza della Chiesa che lo Spirito suscita per evangelizzare tutti gli ambienti e settori, in costante uscita verso le periferie”.

AUTORE: † Giuseppe Chiaretti Arcivescovo emerito Perugia - Città della Pieve