Mons. Sigismondi entra in Diocesi il 28 giugno. Ha incontrato a Orvieto le autorità religiose e civili del territorio

Mons. Gualtiero Sigismondi s’insedierà ufficialmente nella diocesi di Orvieto-Todi il prossimo 28 giugno con una solenne messa in cattedrale alle ore 18.

La notizia è stata data lunedì mattina nel corso di un incontro tra lo stesso Vescovo e una ristretta delegazione composta dall’amministratore apostolico Benedetto Tuzia, il vicario generale Stefano Puri, i consultori, alcuni componenti degli uffici di curia e i sindaci di Orvieto e Todi. In tempo di pandemia molte cose sono capovolte e così, in tale circostanza, la delegazione non si è recata a Foligno ma ha accolto mons. Gualtiero giunto in visita ad Orvieto.

La prima parte dell’incontro ha avuto luogo nella sala Urbani dell’Opera del duomo. Dopo i saluti di mons. Tuzia, del presidente dell’Opsm Gianfelice Bellesini, che ha fatto gli onori di casa, e di don Puri, i presenti hanno ascoltato con attenzione le parole del nuovo Vescovo, che ha ringraziato subito per la calorosa accoglienza.

“Non vi nascondo – ha poi detto – che in questo momento il turbamento è grande, per un ragione molto semplice: non solo perché arrivo in una realtà nuova ma perché devo lasciare una realtà che ho servito per 12 anni. Non lascio una scrivania, ma lascio un popolo”.
E se da un lato il coronavirus ha allungato i tempi dell’ingresso, dall’altro mons. Gualtiero ha avuto la possibilità – come lui stesso ha riferito – di dedicarsi a letture per conoscere meglio la storia della diocesi che ora gli è affidata.

Le parole di Sigismondi

Nel prosieguo del discorso hanno poi risuonato parole ed espressioni che caratterizzano la sua persona, il suo stile e il suo agire: ‘in punta di piedi, semplicità, umiltà, libertà, obbedienza, gratitudine, sinodalità, grande devozione per la Vergine Maria, maternità della Chiesa…’.
“Ecco, arrivo e voglio arrivare – ha ribadito – in punta di piedi, non perché me lo impone il coronavirus ma perché è un po’ il mio stile. L’ingresso avviene poi concretamente avvicinando i preti, le parrocchie. Così come in punta di piedi, ovviamente, lascio Foligno”. Un distacco non privo di inevitabile sofferenza ma vissuto nell’obbedienza e gratitudine al Papa, attraverso cui si manifesta la volontà di Dio.
Il primo passo da fare, ovviamente in punta di piedi, per il Vescovo che ha sempre insegnato Ecclesiologia, sarà quello di inserirsi in un cammino, approfondendone la storia, con la consapevolezza di doverlo guidare ma con lo stile della sinodalità, da tradurre in atto.
Da grande devoto poi di Maria santissima, non poteva non rimanere impressionato dal fatto che sia il duomo di Orvieto che quello di Todi siano ad essa intitolati, rispettivamente all’Assunta e all’Annunciata.

Don Primo Mazzolari, prima di morire, scriveva nell’ultimo editoriale che ‘la Chiesa non ha confini da difendere o territori da occupare ma solo una maternità da allargare’: un pensiero questo che “mi ha sempre orientato, mi orienterà anche in questo cammino”. La comunità diocesana, che l’attende con gioia, ne è certa e le augura un fecondo cammino insieme!

Visita in Cattedrale

Terminato l’incontro, tutti i presenti si sono trasferiti in cattedrale. Lì, un momento di preghiera nella cappella del sacro Corporale, poi una visita alle meraviglie del duomo, con sosta particolare nella cappella di San Brizio. Proprio in questa cattedrale, domenica 28 giugno, vigilia della solennità dei santi Pietro e Paolo, avverrà la presa di possesso della diocesi. Una data non casuale.

Sia mons. Tuzia che mons. Sigismondi, infatti, sono stati ordinati sacerdoti proprio il 29 giugno. “Beneficeremo insieme – ha detto mons. Benedetto – della liturgia che ci ha consacrato sacerdoti e pastori”. A queste parole hanno fatto eco quelle pronunciate poco dopo da mons. Gualtiero: “Ho visto che nelle letture del giorno dell’ingresso c’è l’espressione [di san Pietro, ndr] ‘non possiedo né argento né oro ma quello che ho…’ ve lo darò con semplicità, con umiltà e con grande libertà. Perché semplicità e umiltà rendono liberi, non c’è altro criterio per poter sperimentare la grazia della libertà”.

Michela Massaro