Non chiamateli “clandestini”!

Credo che il nostro Paese dovrebbe proclamare un giorno di lutto nazionale per il tragico susseguirsi di barche della disperazione che si inabissano nel Canale di Sicilia con tutto il loro carico umano, bambini compresi. Non attenua il nostro sconvolgimento interiore il fatto che l’ecatombe si consuma fuori delle acque territoriali e con cittadini stranieri; tutti abbiamo almeno un residuo di sentimenti umani per sentirci profondamente toccati da quanto succede attorno a noi, anzi in casa nostra. Spiace che parlando di questi che fuggono all’insegna della disperazione si continui ad usare il termine “clandestini” che nel linguaggio comune evoca qualcosa di torbido; semmai diventano clandestini quando l’onda violenta ha travolto la barca e li ha ingoiati, sprofondandoli nei fondali dove staranno per sempre nella clandestinità. Per rispetto a questi morti, chiamiamo i sopravvissuti con altro nome più rispettoso e che evochi i motivi che li ha spinti a fuggire. Un Paese per tutti la Somalia, erano infatti somali i protagonisti delle ultime lugubri avventure: angoscia per il futuro, fame, malattia, fuga, disordine, anarchia, dove spadroneggia la prepotenza degli squadroni della morte. Insomma il fuggire significa si salvi chi può. E così per tanti Paesi dell’Africa subsahariana. Le responsabilità? Non scarichiamole sul nostro apparato costiero, fatto di guardie, carabinieri, polizia, finanza e forze di volontariato che continuano a dare splendidi esempi di umanità e dedizione. Quanto a responsabilità chiamiamo pure in campo le cosche mafiose, veri sciacalli di carne umana; ma mettiamoli all’ultimo posto, sono infatti l’ultima sponda cui approdano questi disperati che non vedono nessuna possibilità di accesso regolare verso un Paese più tranquillo e promettente. Le responsabilità vere sono della nostra Unione europea, Italia compresa, che diffondono da troppo tempo belle dichiarazioni d’intenti che purtroppo rimangono parole al vento. Per un’operazione umanitaria verso i popoli spinti a fuggire, occorre una forte volontà politica condivisa da tutti i Paesi dell’Unione Europea e dell’area mediterranea.