Non siamo euroscettici

Abbiamo varcato la soglia del primo anno del secolo e stiamo contando, con qualche affanno, le ultime lire e i primi euro. Guardando in televisione le due puntate della “Maria Josè, l’ultima regina” lo sceneggiato televisivo di Lizzani, a parte le valutazioni estetiche e storiche, abbiamo potuto costatare e, i più anziani ricordare, cosa eravamo e cosa stavano soffrendo durante la seconda (spero ultima) guerra mondiale, una guerra nata in Europa, tra nazioni europee. Pensare che a 60 anni di distanza i cittadini di queste nazioni allora in conflitto tra loro e per quello che ci riguarda più direttamente, la Germania, la Francia e l’Italia, in questi giorni hanno nelle mani una stessa moneta si può esprimere soddisfazione mista a stupore. L’Europa delle dodici nazioni, che condividono l’Euro, destinata ad allargarsi ancora, è un segno di progresso, anche se non decisivo e definitivo in se stesso, che porta all’avvicinamento di persone e popoli, di interessi e di volontà di concorde cammino di pace. Per questo motivo a molti cittadini è sembrato poco opportuno l’atteggiamento di freddezza e di critica ostentato da alcuni esponenti politici. Chi di tale atteggiamento si dovrebbe dolere sono soprattutto i cattolici, i cattolici italiani, che non hanno da rimuovere alcun passato essendo stati sostenitori dell’unità europea fin dall’inizio, con Alcide De Gasperi. Altre forze politiche che oggi hanno aderito all’ideale europeistico, in passato sono stati contrari o per fedeltà ad un’ideologia internazionalista proletaria o ad un nazionalismo retorico. Realismo vuole che non ci si accontenti del traguardo raggiunto, ma si prosegua in un cammino di integrazione che comporti una sempre maggiore convergenza su settori dell’economia e della politica e soprattutto sulle scelte di civiltà. I cattolici possono lamentarsi che dal Parlamento e dal Consiglio europeo non vengano sempre indicazioni apprezzabili sul piano etico e religioso. E’ stata un’omissione dolorosa non aver voluto (il francese Jospin) che si nominasse Dio nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. E’ un segnale esplicito di quella secolarizzazione progressiva che procede con punte radicale nei paesi europei e va di pari passo con la richiesta, soprattutto occidentale di togliere i segni del sacro dai locali pubblici. Su questo terreno i cattolici insieme a agli altri cristiani si devono sentire impegnati per dare un’anima all’Europa, quella che l’ha generata. Nei documenti conclusivi degli incontri ecumenici dei cristiani europei a Basilea e a Graz si è fatto riferimento all’unità europea che si può considerare fattore di sviluppo per l’unità dei cristiani e nello stesso tempo frutto positivo della ricerca dell’unità cristiana dei battezzati europei. Dal nostro continente sono partite le divisioni che si sono diffuse poi nel mondo e dallo stesso continente si dovrebbe operare per la ricomposizione dell’unità cristiana. Il processo di unificazione politica non è identico a quello di unificazione ecumenica, ma tra i due percorsi si può sviluppare una convergenza dinamica che rinnovi la storia dei popoli europei e cancelli definitivamente gli orribili scontri che si sono avuti nel passato anche a nome di scelte religiose. Come si vede, tra un euro e un altro ci sono pezzi di storia e problemi che vanno oltre gli spiccioli e le chiacchiere di qualche euroscettico.

AUTORE: Elio Bromuri