Orate pro eis

di Angelo M. Fanucci

Domenica scorsa ho detto messa per i nostri governanti. Oremus pro eis. Pregare per chi ci governa è un dovere del cittadino e del cristiano, così come favorire, per quanto è in noi, l’esito positivo delle loro scelte. L’abbiamo capito fin dalla Lettera a Diogneto, che, a ridosso dell’età apostolica, l’ha detto dopo essere salito apposta sulle spalle di san Paolo.

Orate pro eis. Pregate, preghiamo per loro.

Le loro estemporanee uscite in tv ci hanno convinti a dirci l’un l’altro, sottovoce, ma (ahimè!) con un sottofondo di compiacimento: “Mio Dio, dove siamo caduti”.

Io, che in genere sono pacioso, di fronte alle loro spropositate previsioni e alle loro mirabolanti promesse, divento spiritualmente brucelloso: sento spuntarmi qua e là, sulle gambe sulle braccia, sulla schiena, fastidiosissimi foruncoli. Evitate di schiacciarli, per non liberare il loro contenuto pestilenziale.

I due vice premier per me sono due ministri a tutto tondo, efficaci per la mia salute. Salvini, nei miei momenti di depressione, fa esplodere in me il grido del giovane Leopardi: “L’armi, qua l’armi: / combatterò, procomberò sol io!”.

Di Maio contro i miei attacchi d’euforia funziona meglio del Voltaren contro gli strappi muscolari: quando lo ascolto proporre, in una discussione appena cominciata, l’ impeachment al Presidente della Repubblica, in un angolo del cervello mi appare un topo fermamente deciso a divorarsi un elefante. E quando proclama d’aver sconfitto la povertà, e d’aver creato lo Stato sociale…

E mi commuove l’eroicomico sforzo di Conte e di Tria, impegnati a tirare verso l’alto, fuori dallo zero virgola, il tasso di crescita prevedibile per l’Italia nel 2019. Accadde (dice la storiella) a Staffolo: il parroco aveva detto che la chiesa era troppo piccola, e i più volonterosi dei suoi parrocchiano legarono della gomene da attracco navi alle colonne di fondo e cominciarono a tirare, a tirare, sudati, con le vene del collo ingrossate come pali di gaggia.

Ma non si può scherzare oltre. Soprattutto non si può gufare. Perché, se andrà male, la pagheranno soprattutto i più poveri.

Lo splendido studio di Bronislaw Gèremek, un’eccellenza nelle scienze sociali, amico di Giovanni Paolo II, La pietà e la forca, dimostra che cresce la pietà quando l’andamento economico è buono e la solidarietà si dilata, ma torna in scena la forca per i poveri quando l’andamento economico è negativo e la solidarietà tende a scomparire. Orate, oremus pro eis. Pregate, preghiamo per loro.