Osservatorio povertà Dieci anni di ricerche

Sono trascorsi circa dieci anni dalla fondazione dell’Osservatorio regionale sulle povertà: il 26 gennaio 1995 fu siglata la convezione fra Regione Umbria e Conferenza episcopale umbra (Ceu). Era invece datato 1994 il primo protocollo di intesa. A Perugia, la scorsa settimana, al salone d’onore della Giunta regionale, si è tenuto il convegno dal titolo ‘Dieci anni di studio sulle povertà’. ‘Grazie al lavoro decennale dell’Osservatorio regionale sappiamo che i problemi della povertà riguardano la famiglia, gli immigrati e il mondo del lavoro. – ha detto l’Arcivescovo diSpoleto mons. Riccardo Fontana – L’immigrazione in Umbria ‘produce’ poveri. È elevato il numero degli stranieri che arrivano in Umbria, alla ricerca di un lavoro: eppure, anche nella terra di san Francesco, gli immigrati sono sfruttati, malpagati. Chi dà loro lavoro si nasconde dietro un dito, affermando che i soldi dati qui, ‘a casa loro sono un sacco di soldi’. C’è poi il mondo degli anziani, che resta fortemente esposto al rischio povertà, specie nelle zone di montagna dell’Umbria. Un umbro su cinque sta male, versa in condizioni di disagio sociale ed economico. Aumentano anche le povertà immateriali: dobbiamo essere più attenti ai drammi della depressione, della bulimia, della anoressia, della malattia mentale. Questi non sono problemi esclusivi della presidente Maria Rita Lorenzetti, né della Chiesa dell’Umbria. Sono di tutti noi, che dobbiamo essere ‘ da subito ‘ più operativi contro la povertà. È questo un punto fermo cui non vogliamo venire meno: ossia alla nostra vera collaborazione, come già avvenuto per legge sulla sussidiarietà e quella sugli oratori’. Il sociologo dell’Osservatorio regionale sulle povertà, Paolo Montesperelli, ha presentato alcuni dati dell’Osservatorio delle povertà, commentandoli con la competenza di chi ne è autore e curatore fin dalla prima edizione. ‘Accanto alle fonti ufficiali – continua Montesperelli – abbiamo sempre utilizzato informazioni fornite da coloro che sono in prima fila nell’osservazione del disagio sociale, in primis le Caritas diocesane. Abbiamo poi puntato sull’analisi di temi ricorrenti quali le povertà nei Comuni umbri, le politiche e i servizi sociali, le povertà create dal terremoto, le povertà degli immigrati e quelle dei giovani’. Il IV rapporto Aur sulle povertà – la cui pubblicazione è prevista entro la prossima primavera – focalizzerà anche la situazione mondiale. Qualche anticipazione: 2 miliardi di persone vivono con appena 2 dollari al giorno; il 2 per cento della popolazione detiene il 50 per cento della ricchezza mondiale, a causa dell’affermarsi di politiche neoliberiste, dell’aumento della fame, della lotta sulle nuove risorse primarie, come l’acqua. ‘In Umbria – afferma Montesperelli – ci sono 23 mila famiglie povere: registriamo, rispetto al 2001, un aumento delle famiglie povere di tremila unità, tenendo ben a mente che tali dati riguardano solo i residenti (non sono dunque considerati i migranti clandestini)’. L’83 per cento delle famiglie in Umbria non è povero. Ma il 17 per cento di tutte le famiglie umbre – circa 138 mila persone – o è già povero o rischia di cadere nella povertà. Un 4 per cento di famiglie sono molto povere. Anche gli anziani sono poveri e, nella maggior parte dei casi, percepiscono pensioni insufficienti per vivere. I giovani hanno grossi problemi, legati soprattutto alla precarizzazione del lavoro; in particolare l’8,2 per cento delle giovani coppie con figli è povero e tale cifra sembra purtroppo destinata ad aumentare. Nemmeno l’alto titolo di studio, come la laurea universitaria, è più una garanzia contro la povertà. Cresce inoltre la povertà nelle famiglie che assistono familiari anziani in casa: sono costrette a spendere molto, ma non c’è una rete di protezione che li sostiene. ‘Ci sono poi i casi di povertà estrema – afferma Montesperelli. Che continua – Dal 1997 al 2005 è aumentata l’età media dei poveri estremi, si è passati da 37 a 42 anni. Ci sono più donne che uomini, più immigrati che italiani’. Alle Caritas arrivano richieste per trovare una casa, di aiuto per le bollette da pagare e per le medicine e il trasporto. Spesso ‘la caduta nella povertà’ avviene a causa di fenomeni legati all’usura, alle malattie. Gli anziani (uno su due è povero in Umbria), i disoccupati, chi non ha titolo di studio rischia di affondare sempre di più nella scala economico-sociale dell’Umbria. ‘Infine – conclude Montesperelli – altra cosa da tenere bene in conto è che molti poveri si ‘mimetizzano’ fra di noi, per vergogna della loro condizione. Spesso non si rivolgono nemmeno ai servizi sociali e continuano a mantenere un’immagine esteriore di piena normalità’. La presidente della Regione dell’Umbria, Maria Rita Lorenzetti, ha definito il protocollo di intesa del 1994 fra Chiesa e istituzioni regionali ‘una scelta naturale e straordinaria al tempo stesso’. ‘Non è un fatto che accade normalmente in altre regioni d’Italia’ – ha detto. Poi ha proseguito: ‘Il nostro compito è di irrobustire questa collaborazione, visto che anche in Umbria i poveri aumentano. Ma dobbiamo capire meglio chi sono questi poveri e, su questo, la collaborazione con la rete della Caritas regionale è strategica per illuminare anche i punti più oscuri del disagio’. Claudio Carnieri, presidente dell’Agenzia umbra ricerche, ma che al momento del varo dell’Osservatorio era presidente della Regione dell’Umbria, ha ricordato: ‘La creazione dell’Osservatorio regionale sulle povertà fu per me una questione di particolare impegno civile e politico. Anche grazie ad esperienze come quelle dell’Osservatorio abbiamo imparato a vedere le contraddizioni della modernità: la diversità fra ricchi e poveri, fra uomini e donne, fra chi ha e chi non ha, fra chi può e chi non può, fra chi sa e chi non sa. È perché ci siamo accorti di tutto questo che i diritti delle persone hanno iniziato a giocare un ruolo importante nell’attività di governo. Ma, spesso, i benefici delle stesse politiche di welfare ricadono sui ceti medi invece che su quelli poveri, perché i ceti più deboli della società sono troppo sprovvisti di voce e di relazioni anche per avere ciò che spetta loro di diritto’. L’assessore regionale alle Politiche e ai programmi sociali, Damiano Stufara, ha parlato di un nuovo piano sociale per l’Umbria: ‘Il 2007 – ha dichiarato – vedrà rinnovate politiche di welfare in Umbria, per contrastare la crescita della disuguaglianza sociale. Come Regione dell’Umbria, abbiamo deciso di attivare un ‘fondo specifico’ per progetti rivolti a contrastare le nuove povertà. Sfortunatamente, una costante che devo notare – ha concluso – è che la precarizzazione del lavoro determina insicurezza e disagio sociale, specie fra i giovani’. Il presidente del Comitato di coordinamento dell’Osservatorio sulle povertà in Umbria, Giorgio Di Pietro, ha rimarcato: ‘In Umbria non ci sono solo nuovi poveri, ma anche chi non sa come mangiare. E i nostri figli hanno perso la speranza di poter migliorare la loro vita, certezza che invece le generazioni più anziane hanno avuto’. Il dirigente regionale alla programmazione socio-sanitaria, Adriana Lombardi, è sicura del lavoro svolto fino ad oggi: ‘Il nostro Osservatorio sulla povertà funziona. E, purtroppo, registra che è più facile per le giovani famiglie cadere nell’area di povertà. Da noi non muore di fame nessuno, ma la povertà dei Paesi ricchi si connota per delle ‘mancanze’, per l’ingresso nelle sacche dell’esclusione sociale’. La presidente dell’Anci, Catiuscia Marini, ha rilevato: ‘L’Osservatorio regionale sulle povertà ha prodotto molto più di quello che sia la Chiesa umbra, sia la Regione Umbria avessero potuto pensare. Ma le risposte alla povertà in Umbria non riguardano solo le politiche sociali. Va infatti indagato e approfondito perché è povera quella fascia dell’8 per cento di popolazione, probabilmente in forte aumento, che subisce la flessibilità del mondo del lavoro: si tratta di persone che hanno un alto profilo di istruzione ma che hanno lavoro ‘ad intermittenza’ nel corso dell’anno’.