“I cambiamenti che il mondo sta attraversando e affrontando creano disorientamento, provocano anche paure. E le paure generano chiusure e contrapposizioni pericolose. Le paure sono anche contagiose. Ma anche la pace è contagiosa, anche la bontà è contagiosa. E metterla in pratica, chiamando altri a praticarla, moltiplicando e diffondendo questo impegno, è fortemente contagioso e importante”.
Mattarella al Sermig
Sono le parole che il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha detto intervenendo all’Arsenale della pace di Torino in occasione della visita al Sermig (Servizio missionari giovani) nel 55° anniversario della fondazione. Parlava ai giovani di oggi e di ieri che insieme al fondatore Ernesto Olivero si impegnano ogni giorno per la pace contagiando e coinvolgendo altri.
Parlando di ciò che avviene al Sermig, il Presidente ha sottolineato l’importanza “di incontrarsi con le persone, di aprirsi all’incontro con gli altri, di far uscire, emergere quel che c’è di potenzialmente buono in tutti e di procedere insieme in quella direzione”.
Le paure degli italiani
In questi stessi giorni altra notizia, altro scenario. L’ultima rilevazione eseguita da Swg su un campione di 1.000 maggiorenni italiani, i cui esiti sono pubblicati nello speciale “Paure per l’oggi e futuro dei figli” di “PoliticApp”, descrive una società che vede il futuro a tinte fosche.
Chiamati ad esprimersi su ciò che li preoccupa di più rispetto al futuro dei figli, nella rilevazione eseguita tra il 27 e il 29 novembre, il 72% degli intervistati indica quella“che non riescano ad avere uno standard di vita decente”, e a seguire: “che debbano emigrare”, “che debbano lavorare troppo”, “che non riescano a costruirsi una famiglia”, “che non abbiano successo nella vita”, fino a temere che i figli vivranno in un Paese con grandi ingiustizie sociali (37%) e altro ancora.
Insomma paure e insicurezze che (secondo i dati del Censis di cui scriviamo a pag. 3) si traducono in mancanza di fiducia nell’altro (75%) e nel desiderio di avere un “uomo forte al potere” (48%) al quale affidare la soluzione di tutti i mali.
Democrazia è meglio di “uomo forte”
Tentazione pericolosa, quella dell’“uomo forte”. E destinata al fallimento, come ha dimostrato la storia dei regimi totalitari. Non a caso san Giovanni Paolo II nel 1991, a cento anni dall’enciclica sociale Rerum Novarum e due anni dopo la caduta del muro di Berlino, nell’Enciclica Centesimus Annus (al n. 46) scriveva che “La Chiesa apprezza il sistema della democrazia”.
E più avanti dava una indicazione di metodo: “La Chiesa, pertanto, riaffermando costantemente la trascendente dignità della persona, ha come suo metodo il rispetto della libertà”. Un testo da rileggere per ricomprendere con sano realismo il valore del nostro forte e allo stesso tempo fragile sistema democratico di cui ogni giorno dobbiamo prenderci cura esercitando la nostra libertà.
Papa Francesco, che oggi si appresta a festeggiare il 50° dell’ordinazione sacerdotale, avvenuta il 13 dicembre 1969 ricorda che “la Chiesa non cresce per proselitismo ma per attrazione” perché, aggiungiamo noi, la bontà è contagiosa. E alla fine vince.