Parole come macigni

di Angelo M. Fanucci

Splendida, dunque (riprendendo la discussione della settimana scorsa), teologicamente impeccabile la scelta del nuovo Ordo, con la quale la Congregazione del culto divino e della disciplina dei sacramenti vuole che al rito del matrimonio venga premessa la memoria del battesimo: “memoria”, o piuttosto “memoriale”, con tutta la portata che ha questo termine nella nostra tradizione cristiana.

Ma, ahimè, il battesimo in quell’ Ordo viene riproposto solo nella sua prima parte, l’acqua misteriosa che sgorga dal costato di Cristo trafitto e invade quanto di più profondamente umano c’è nell’uomo.

Bene, ma… e la seconda parte del rito battesimale, quella nella quale il sacerdote unge la fronte del battezzato col santo crisma?
Il crisma consta di una mescolanza di olio d’olivo e di balsamo, mentre per gli altri olî (quello dei catecumeni e quello degli infermi), basta l’olio semplice. Perché?

Perché l’unzione con il crisma è di gran lunga il gesto più incisivo nel cammino cristiano, in quanto essenziale nel battesimo, nella confermazione e nell’Ordine sacro, i soli tre sacramenti che “imprimono il carattere”, che lasciano nel più profondo dell’essere umano ognuno una sfraghìs, un marchio a fuoco che sarà visibile solo al termine della vicenda storica di chi lo riceve.

Per questo fin dal IV secolo la consacrazione del crisma fu riservata al vescovo, assistito da 12 sacerdoti, 7 diaconi e 7 suddiaconi, ognuno dei quali aveva un ufficio da compiere nel rito consacratorio; poi il crisma veniva portato processionalmente là dove ne ricevevano una parte i parroci della diocesi. Lo useranno anche per consacrare chiese, altari, patene, calici, campane; una volta, quado Berta filava, lo si usava anche nella consacrazione dei re. Oggi, a parte i re da parata, l’unico che conta è il re di denari sotto carnevale. Sit venia verbis.

Quello che nel rito del battesimo è strepitoso, sul piano antropologico, sono le parole che esprimono il senso dell’unzione sulla fronte del battezzato: “Dio onnipotente, Padre del nostro Signore Gesù Cristo, ti ha liberato dal peccato e ti ha fatto rinascere dall’acqua e dallo Spirito santo, unendoti al suo popolo; Egli stesso ora ti consacra con il crisma di salvezza, perché inserito in Cristo, sacerdote, re e profeta, tu sia sempre membro del suo Corpo per la vita eterna”.

Sacerdote, re e profeta. Sacerdote, re e profeta: parole come macigni. Ci prendiamo sette giorni per rifletterci su?