Pasqua. La risurrezione guida l’agire cristiano

Nella domenica di Pasqua la liturgia ci fa ascoltare per tutti e tre gli anni del ciclo liturgico lo stesso Vangelo di Giovanni (20,1-9), dove viene descritta la testimonianza dei discepoli, della loro prima esperienza concreta, reale con la risurrezione di Gesù Cristo.

Affermando che la risurrezione è un paradigma, o se volete un modello di un rinnovato agire morale, intendo affermare che la risurrezione di Gesù pone nuova luce sulla comprensione dell’essere, ma anche dell’agire del discepolo. La risurrezione pone le basi per una nuova comprensione della vita morale del discepolo; essa è vita nuova in Cristo nello Spirito Santo e questo significa, che non è adesione formale ad un dovere astratto, non è neanche semplice sentimento del bene, ma è anzitutto sequela, risposta alla chiamata ad uscire dall’uomo vecchio per entrare nell’uomo nuovo: “La prima passione in nome di Cristo, che ognuno deve provare, è la chiamata che ci chiama fuori dai vincoli di questo mondo. È la morte del vecchio uomo nell’incontro con Gesù Cristo. Chi si pone nella sequela, si consegna alla morte di Gesù, fonda la sua vita sulla morte, ed è così fin dalle prime battute; la croce non è la fine terribile di una vita felice e devota, ma sta all’inizio della comunione con Gesù. Ogni chiamata di Cristo porta alla morte […]. La chiamata alla sequela di Gesù […] è morte e vita” (Cf. D. Bonhoeffer, Sequela). Così esprimeva Bonhoeffer l’essenza della sequela e nello stesso tempo la radice di ogni azione morale per il cristiano.

L’agire cristiano
Papa Francesco nell’ Evagelii gaudium esprime qual è il senso profondo dell’agire morale del cristiano, rifacendosi a tutta la tradizione della Chiesa ed al rinnovamento della Teologia Morale, iniziato nel Concilio Vaticano II: “Quando la predicazione è fedele al Vangelo, si manifesta con chiarezza la centralità di alcune verità e risulta chiaro che la predicazione morale cristiana non è un’etica stoica, è più che un’ascesi, non è una mera filosofia pratica né un catalogo di peccati ed errori. Il Vangelo invita prima di tutto a rispondere al Dio che ci ama e che ci salva, riconoscendolo negli altri e uscendo da sè stessi per cercare il bene di tutti”. (EG, 39). Per il discepolo, agire moralmente bene significa anzitutto porsi in ascolto della Parola di Dio, significa aderire al messaggio evangelico con lo spirito delle Beatitudini, significa accogliere il messaggio morale che la Parola di Dio porta in sé e non usare la Sacra Scrittura per giustificare o avvalorare le nostre speculazioni morali astratte e deduttive. In questo senso nella vita del credente, del discepolo, la morale è sempre strettamente unita alla spiritualità, non può esistere l’una senza l’altra; la vita morale del discepolo, (l’amore verso per il prossimo) è in sé vita spirituale (amore verso Dio) e, di conseguenza, la spiritualità vera profonda sfocia in una vita morale, fatta di rinnovate relazioni e di un rinnovato agire morale, altrimenti è spiritualismo e fideismo: “È evidente che quando gli autori del Nuovo Testamento vogliono ridurre ad un’ultima sintesi, al più essenziale, il messaggio morale cristiano, ci presentano l’ineludibile esigenza dell’amore del prossimo” (EG, 161).

Per una buona aziona morale
La profondità del comandamento nuovo esprime chiaramente quella unità inscindibile tra l’amore a Dio e al prossimo, cioè tra la spiritualità e la morale, che deve caratterizzare tutta la vita del discepolo. La mancanza di qualità morale del discepolo, l’aver vanificato il dono della grazia, mediante il peccato, si realizza perché ancora non vi è una comprensione profonda della fede in Gesù Cristo risorto. Ogni peccato in effetti, se ci pensiamo bene è una mancanza di fede, un rifiuto all’amore e una mancanza di speranza nell’azione dello Spirito Santo. Agire moralmente bene richiede il dono della grazia; esso è dono e nello stesso tempo impegno, dono in quanto il luogo ermeneutico dove dovrebbe nascere l’azione morale è la preghiera, l’ascolto meditato della Parola di Dio. È impegno perché l’azione morale non è mai frutto di istinto e di emotività, ma essa richiede l’intervento della ragione, di quella razionalità pratica che discerne il bene dal male. Nell’azione morale buona ragione e fede si richiamano a vicenda come facce di una stessa medaglia, non sono in opposizione, ma collaborano nella realizzazione del bene concretamente possibile che si è chiamati a fare come discepoli, ma che rappresenta una questione di giustizia come essere umano.

La risurrezione come modello dell’agire morale
Pertanto la teologia morale oggi, dal Concilio Vaticano II in poi, ci propone chiaramente una morale da risorti, una morale non dei doveri esterni da eseguire formalmente, ma una morale della sequela, della risposta alla chiamata, liberamente scelta, consapevolmente assunta e responsabilmente vissuta. La risurrezione è il modello di un rinnovato agire morale, in quanto essa ridona all’azione morale quel dinamismo della grazia, che la spinge oltre la semplice esecuzione formale del bene, il quale verrà realizzato non per imposizione, ma perché compreso come essenza della carità e della speranza: ogni azione morale buona, fatta dal discepolo nella fede, è un glorificare Dio, è la prima testimonianza della realizzazione del Regno di Dio, che già è visibile su questa terra, proprio attraverso la realizzazione del bene, opera di giustizia prima, ed espressione di carità successivamente: “Chi ama con carità gli altri è anzitutto giusto verso di loro. Non solo la giustizia non è estranea alla carità, non solo non è una via alternativa o parallela alla carità: la giustizia è ‘inseparabile dalla carità’, intrinseca ad essa. La giustizia è la prima via della carità”. (Caritas in veritate, 6). Fare il bene non è una questione di merito e neanche a questione di carità, ma principalmente è una questione di giustizia.

 

(Lectio tenuta il 23 Marzo in occasione delle vacanze Pasquali ai docenti e agli studenti dell’Istituto Teologico e dell’Istituto di Scienze Religiose di Assisi).

 

AUTORE: Don Carlo Maccari Docente di Teologia Morale