Rispondendo al rinnovato vigore dato allo “spirito di Assisi” da Benedetto XVI, la Chiesa di Assisi, insieme alle famiglie francescane, ha deciso di celebrare il 27 ottobre di ogni anno come giornata memoriale dell’evento voluto dal beato Giovanni Paolo II nel 1986.
Particolare attenzione, quest’anno, è stata data alla Terra Santa e a tutto il Medio Oriente: per queste terre benedette da Dio è stata invocata la pace, piena e duratura, riprendendo l’espressione del Salmo 122: “Domandate pace per Gerusalemme”. Non dimenticando, ovviamente, i drammi che coinvolgono il bacino del Mediterraneo.
A esprimere l’impegno delle religioni in questo pellegrinaggio, nella verità, per la giustizia e la pace, sono stati Fouad Twal, Patriarca di Gerusalemme dei Latini, insieme al rabbino David Rosen, direttore dell’ufficio Affari interreligiosi del Comitato ebraico americano, ed Ejaz Ahmad, membro della Consulta islamica del ministero dell’Interno e mediatore interculturale per il Forum intercultura della Caritas di Roma.
Nella piazza di Santa Maria degli Angeli, i tre sono stati accolti con un ramoscello d’olivo dal Vescovo e dai ministri generali dei francescani. Un’accoglienza che aveva anche lo scopo di dare la prima battuta nel fare memoria che la “piccola parte” (questo significa Porziuncola) di ognuno alla costruzione della pace è garanzia per l’edificazione di un mondo pacificato.
In piazza San Pietro l’inizio del simbolico pellegrinaggio silenzioso, salita a piedi verso piazza San Francesco, segno dell’ascesa verso la pace universale.
Abbiamo riflettuto su tre parole. Pellegrinaggio: siamo sempre in cammino nella costruzione della pace. Pellegrini e non possessori di un dono che viene innanzitutto dall’Alto. Impegnati a cercarlo e ad accoglierlo insieme a tutti gli uomini di buona volontà. Silenzio: luogo dell’ascolto, premessa indispensabile a ogni dialogo, nella verità e nella libertà che si fida dell’altro, fratello e compagno di viaggio. Sobrietà: il ritrovarsi gioioso dei fratelli diventa festa. Una festa dalla quale nessuno deve essere escluso. Da qui l’invito a dare parte del cibo, o l’equivalente in denaro, al fratello che ne è privo.
Sulla piazza inferiore di San Francesco, nel suo saluto mons. Domenico Sorrentino ha ricordato che “siamo qui come uomini religiosi che, senza venir meno a ciascuna delle proprie identità, riconoscendole e testimoniandole in umiltà e mitezza, si incontrano e dialogano, aprendosi al dialogo anche con chi non si pone nell’ottica della fede ma condivide con noi l’etica dell’amore. Ci spinge una profonda convinzione: la religione, ben intesa, ci addita sempre un Dio che è Amore, che non vuole la guerra e non ci vuole in guerra. Un Dio che ci aiuta a superare le barriere della differenza e della diffidenza”. Dopo aver ricordato che lo spirito di Assisi è lo spirito di pace che Francesco ha testimoniato, ha aggiunto che “questa nostra città e questa nostra Chiesa sentono, di questo spirito, tutta la responsabilità”.
Il Patriarca Twal, in modo chiaro e pacato, dopo aver ricordato che “il cuore del problema che riguarda il dialogo tra musulmani, ebrei e cristiani” è “il rispetto della persona e la fiducia reciproca”, ha ribadito che “come rappresentanti delle tre religioni monoteiste, che riconoscono l’unicità di Dio, abbiamo una responsabilità grande per la pace”, nella consapevolezza che “per fare la pace, per vivere la pace abbiamo bisogno di spogliarci di noi stessi, sulle orme di Gesù che da ricco si è fatto povero”.
Rabbi Rosen ha chiesto di trovare le vie, per l’“obbligo che abbiamo di lavorare insieme” e di vivere un dialogo che non sia solo conversazione, ma dialogare, ascoltandosi anzitutto vicendevolmente. Nella stessa linea Ejaz Ahmad, che ha sottolineato la necessità di cominciare da un linguaggio comune.
Insieme hanno poi rinnovato l’impegno di pace, concludendo ad una sola voce, grido accorato: “Mai più violenza! Mai più guerra! Mai più terrorismo! In nome di Dio, ogni religione porti sulla terra giustizia e pace, perdono e vita! Amore!”.
Il giorno 26, una partecipata veglia di preghiera nella cattedrale di San Rufino ha preceduto l’incontro. A presiederla il vescovo Twal che, con la pacatezza di chi non s’illude, da testimone sul campo, ha indicato luminosi orizzonti di speranza per la città ove le contraddizioni hanno un particolare diritto di cittadinanza. A partire da quella che vede il massimo del dramma della morte del Figlio di Dio insieme alla grande bellezza della sua resurrezione.
L’insieme vocale Commedia Harmonica, i Cantori di Assisi e la Cappella musicale della basilica di San Francesco, con generosa disponibilità, hanno animato la celebrazione, alternando con canti appropriati la proclamazione di testi della Parola di Dio e del magistero della Chiesa.
La situazione della Terra Santa nelle parole del Patriarca Twal
“La nostra situazione in Terra Santa – ha detto il 27 ottobre ad Assisi il Patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal – è tutta particolare. Siamo e rimaniamo la Chiesa del Calvario a causa dell’occupazione militare israeliana, che fa male all’occupante come all’occupato; a causa dell’emigrazione dei cristiani; a causa di un terrorismo che non risparmia nessuno; a causa della divisione tra i palestinesi stessi e della divisione tra i cristiani; a causa di un conflitto che non trova soluzione. La preghiera – ha quindi aggiunto – è educazione alla pace. I muri che vediamo a Betlemme e Gerusalemme sono la traduzione di altri muri nel cuore e nella testa dell’uomo: muri di odio, di paura e di sfiducia”.