Mi dichiaro subito: sono un patito della competenza. Per questo mi sento di dire che per far ripartire il sistema economico italiano serve un nuovo governo. Ma soprattutto un nuovo premier. Per me, Mario Draghi. Non si tratta di scegliere tra morire di coronavirus o di fame. Si tratta di affrontare entrambe le emergenze con le ‘armi’ più adeguate. E con le persone maggiormente all’altezza della gravità – estrema, in entrambi i casi – della situazione e delle sue conseguenze. Draghi sul dopo-contagio dell’economia, italiana ed europea, da tempo ha chiaramente e autorevolmente detto la sua, richiamando i governi ad “agire subito, di fronte a una tragedia umana di proporzioni bibliche”.
La pandemia ha quasi del tutto azzerato il convincimento diffuso ad arte da alcune forze politiche che uno valesse uno. Finché va tutto bene, sono messaggi che si possono lanciare, contando sulla superficialità o sulla distrazione di chi li riceve. Quando però è in atto una tragedia, tutti – anche coloro che fino a un minuto prima consideravano competenza e preparazione come privilegi acquisiti chissà con quali sotterfugi – invocano l’esperto. Colui che ne sa di più e che può fornire ricette efficaci. Sotto il profilo sanitario, ormai da mesi gli scienziati, i ricercatori, i medici sono – ovviamente, e fortunatamente – al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica intera.
Nulla è cambiato nei e tra i partiti
Valutando il comportamento delle forze politiche – tutte – degli ultimi giorni e settimane, con il Paese in quarantena – non sembra che l’emergenza sanitaria abbia influito più di tanto sui loro atteggiamenti. Le polemiche dentro e tra gli schieramenti non si attenuano (nei Cinquestelle è in atto una spaccatura che farà presto a diventare scissione), i personalismi non si placano (cosa sono, se non questo, le critiche di Renzi a Conte?), gli stereotipi con cui si approcciano i problemi non si modificano. Tanto che viene da pensare a una reale incapacità di cambiare schemi e approcci, mediatici e progettuali, rispetto a una realtà imprevista e ad un futuro tutt’altro che roseo. Il tutto condito da approssimazione e confusione.
Come si spiegano altrimenti – tanto per fare alcuni esempi – la miriade di ordinanze regionali che vanno a modificare anche in modo sostanziale molte direttive del Governo nazionale sulla gestione dell’emergenza sanitaria? O, dal punto di vista più propriamente politico, come si può valutare se non con i criteri della confusione ideologica e dell’approssimazione propagandistica, il voto – frammentato al punto da risultare autolesionistico – espresso dai partiti italiani di maggioranza e opposizione al Parlamento europeo sulla risoluzione che riguardava gli aiuti per la ripartenza? Le polemiche tra regioni del Nord e del Sud sono sterili, inconcludenti. Non risolvono mezzo problema e fanno riferimento a schematismi partitici che con la pandemia in atto risultano totalmente fuori contesto.
Visto tutto ciò, e valutando il disastro economico che il contagio si porta dietro, pare da escludere che la forze politiche attualmente sulla scena riescano a compiere quel passo in più verso la coesione che servirebbe come successe dopo l’ultima guerra e negli anni del terrorismo per far ripartire il Paese. Con altri partiti. Soprattutto con altri leader.
Per l’economia, come per la salute, si dovrà affrontare un’emergenza di dimensioni epocali. Alle forze politiche va chiesto un bagno di umiltà e una temporanea rinuncia alla ricerca del consenso fine a se stessa. Garantendo un comune sostegno al lavoro di un ‘esperto’, riconosciuto e stimato, della materia come ha dimostrato di essere Draghi.
Serve un leader per il dopo virus
D’altronde lo si fece anche nel 2011, quando lo spread era oltre 500 e il sistema economico italiano rischiava il collasso. Quello di Mario Monti fu un Governo ‘tutto tecnico’. La maggioranza dei partiti diede ‘obtorto collo’ l’appoggio per riportare la disastrata barca italiana in galleggiamento. Con Draghi – come si ipotizza in alcuni ambienti politici – si potrebbe utilizzare il ‘modello Ciampi’, in base al quale il premier sceglie i ministri ed i partiti i sottosegretari.
Serve un leader che, per il Paese del dopo-virus, abbia al contempo una visione chiara delle cose da fare e il carisma adeguato per attuarle. Non pochi osservatori ritengono che anche al Quirinale si stia valutando questa ipotesi.
Daris Giancarlini
Non sono d’accordo. Conte si è rivelato un’errore. Ci ha solo fatto false promesse, che si sono rivelate tutte le trappole da topi.
Draghi Premier? Perfetto! Fantastico! VIVA ITALIA! Il suo Speech al Parlamento Europeo in Marzo era quello che uno si aspettase dal Premier italiano, il paese duramente colpito da Pandemonia. Bravissimo, in questo momento tragico l’unico che potrebbe ritrattare la nostra posizione in Europa e far vedere a tutti che siamo competenti che ci rendiamo conto del nostro destino, ma possiamo migliorarlo e possiamo ancora battere pugni in tavola. L’Italia non è la Grecia.
Vorrei però che si ringraziare Giuseppe Conte per avere fatto il possibile e l’impossibile con molta pacatezza e determinazione.I