Con il cannone o con il mestolo: così il corpo insegnante si trova a battagliare in questa emergenza che costringe alla didattica a distanza.
Ne abbiamo parlato con due insegnanti di Perugia, Antonella Antonini del liceo scientifico Alessi e Gabriella Bartocci dell’istituto Capitini. Le scuole si sono infatti ritrovate in condizioni molto diverse all’arrivo dell’uragano coronavirus.
Un caso estremo è quello dell’Alessi, dove la situazione era già spinosa a causa di prolungate assenze della dirigente. Cosicché, quando il Governo ha chiuso le aule, per una decina di giorni i docenti sono finiti “allo sbando”. Allora “ci siamo organizzati tra noi – dice Antonini – a livello di Consigli di classe. Inizialmente usavano la piattaforma WeSchool, che è più semplice, ma fa fatica a reggere un numero elevato di connessioni, ad esempio classi di 28 alunni. Poi l’istituto è stato affidato alla reggenza del preside del Capitini, che è un esperto nel settore telematico”.
Proprio lui, addirittura un paio di anni fa, aveva sottoposto il personale del Capitini a un corso sulle nuove tecnologie didattiche. All’epoca si erano levati vari mugugni, adesso lo si ringrazia per l’intuizione profetica. “Fin da subito – racconta Bartocci – abbiamo cominciato a fare lezione a distanza tramite Google Classroom o Moodle. E siccome gli smartphone a volte danno problemi per muoversi su queste piattaforme, è stato fornito un computer in comodato d’uso agli studenti che ne erano privi”.
Anche in questo caso, comunque, i problemi non mancano. In sostanza, si ripetono in forma aumentata i problemi che già esistevano in classe. Gli studenti seri e motivati dimostrano di esserlo anche in questa situazione. I Lucignoli invece tendono a “sparire” dallo schermo, magari accampando malfunzionamenti dell’audio quando, guarda caso, l’insegnante stava rivolgendo loro una domanda. Peggio ancora per alunni con particolari esigenze, ad esempio affetti da “fobia sociale”. Non esiste un protocollo istituzionale per fare fronte a questi disagi; l’unica è alzare il telefono e chiedere aiuto a un/una prof.
Gli studenti, come stanno vivendo l’emergenza?
Lo abbiamo chiesto a un’alunna delle medie di Piccione, Sofia Moscatello, e a uno studente del liceo Mariotti di Perugia, Pietro Covarelli. Il primo dato che colpisce è che, nonostante i luoghi comuni sui “nativi digitali”, non tutti i ragazzi erano attrezzati; il Ministero stesso intende ora provvedere a queste carenze. Per il momento ci si arrangia con mezzi di fortuna. Per qualcuno, poi, la mancanza di un rigido orario settimanale sta portando a sfasamenti nell’“orologio biologico”, dormendo magari di giorno, oppure alzandosi appena in tempo per la lezione e presentandosi in pigiama in teleconferenza.
La buona notizia è che gran parte degli insegnanti girano ormai a pieno regime anche online, e ci sono studenti a cui piace poter passare più tempo in famiglia. E infine, oggi informarsi sul compito di greco diventa una buona scusa per sentire un amico.
Dario Rivarossa