Prosciugare la palude

Dalle mie parti c’è rimasto il nome proprio del paese (“Padule”) a ricordare quanto avvenne, all’insegna del famoso ora et labora di san Benedetto, molti secoli fa, ad opera di anonimi, infaticabili monaci: la bonifica dei terreni paludosi che stringevano Gubbio d’assedio, aggredendolo soprattutto da est. “Padule” è il maschile del femminile “palude”.

Molti secoli prima, gli Italici della Magna Grecia avevano bonificato prima la Sicilia (Siracusa), poi le belle coste del Tirreno (con Velia e Paestum) e dello Ionio (con Metaponto, Eraclea, Sibari, Crotone e Taranto); analoghi interventi operarono gli Etruschi in val Padana e in Maremma.

Nel sec. IV a.C. il censore Appio Claudio prosciugò la palude di Terracina, poi fu Giulio Cesare a progettare il risanamento della Piana del Fucino, completato sotto Claudio, che dette vita alla centuriazione, un sistema di distribuzione fondiaria che impediva la rivincita della palude: la regolare coltivazione delle terre era protetta dell’efficace drenaggio di canali e fossati. Mussolini volle bonificare le vastissime paludi dell’Agro Pontino, mettendo a coltura le terre bonificate dopo averle risanate.

Noi inquilini del Bel Paese abbiamo dunque una buona familiarità sia con la cultura che con la tecnica del risanamento delle paludi. Ma la palude da risanare stavolta si chiama Parlamento della Repubblica, e non c’è cultura per quanto articolata che tenga, e non c’è tecnica per quanto raffinata che serva.

Avete visto in tv il servizio che domenica scorsa ha curato per Rai 3 la giornalista freelance Milena Gabbanelli? Roba da mozzare il fiato. Sì, ci sono qua e là, nel nostro Parlamento, dei fiori, ma il puzzo rimane intollerabile.

E presumibilmente la legge elettorale che, sotto l’egida dell’ineffabile Marchionne Calderoli Del Porcellum (questo è il titolo che quindici giorni fa gli ha attribuito l’Accademia Araldica Italiana) i nostri Onorevoli (sì, ci ostiniamo a chiamarli così! Tutti, indistintamente!) riusciranno a licenziare…? Sulla base di quella legge io penso che qualche sbrego si potrà rimediare, il puzzo potrà venire attenuato, ma voi pensate che palazzo Madama e Montecitorio, dopo le prossime elezioni, vedranno sugli scranni solenni nobiluomini con in testa il cilindro e indosso la redingote che lascia scoperto il panciotto? Nobiluomini austeri e ligi al proprio dovere di servitori del bene comune, come lo furono nella nostra preistoria civile quelli del tempo in cui i treni arrivavano in orario?

Una palude non può risanare una palude. Allora, come facciamo? E lo chiedete a me? Va be’, accetto. Una settimana per confezionare la risposta giusta.

AUTORE: Angelo M. Fanucci