Oggi è difficile essere padri, non a caso l’enfasi sulla “morte del padre” ha alimentato tutta la retorica della nostra epoca. Pure le riflessioni di Freud e di Lacan, come quelle di Mitscherlich – autore di “Verso una società senza padre” (1963) – danno atto della scomparsa del “pater familias”, che aveva dominato la scena familiare per secoli. Non sorprende quindi che tre giornalisti in sintonia col paese abbiano pubblicato in queste settimane altrettanti libri nei quali, da papà preoccupati, affrontano il tema della “paternità”. Antonio Polito (con Riprendiamoci i nostri figli). lamenta “non c’è più autorità”. E ha ragione. Diventato padre in due momenti diversi e distanti della sua vita, entra nel vivo di una battaglia culturale volta a smascherare i nemici dei genitori: le idee e le figure che tendono a sabotarne l’autorità o che semplicemente hanno smesso di aiutarli. Dai social alla scuola, dalla politica ai cattivi maestri fino alla famiglia stessa, che ha commesso gravi errori, importando stili di vita che ne minano il ruolo. Davanti all’urgenza di rifondare l’autorità dei genitori, la soluzione sta forse nel tornare al più classico dei compiti: trasmettere cultura, comportamenti, esperienze e valori, primo tra tutti l’amore e il rispetto per la vita.
Gli fa eco Aldo Cazzullo con Metti via quel cellulare. Oggi è lo smartphone l’unità di misura della conoscenza e della connessione: il tempo limitato, parliamo di secondi, al massimo di qualche minuto, in cui le conversazioni si svolgono nel nuovo linguaggio digitale che il giornalista, da padre accorto, tenta di decifrare. Alla disperata ricerca di attenzione e aiuto, tanti ragazzi affidano a YouTube e ai social le loro cose più intime, talora vergognose, come naufraghi che infilano il messaggio nella bottiglia e la affidano alle onde dell’oceano, fiduciosi che giunga nelle mani di un soccorritore; che però non c’è. Molti sono i papà affettuosi ma ansiosi, così Pierluigi Battista (A proposito di Marta) ci regala un diario, un racconto che tende un filo fra due mondi, quello dei padri e quello dei figli. Marta ha vent’anni e va incontro al futuro. Suo padre la osserva, allo stesso tempo escluso e incantato, ammira la naturalezza con cui lei si muove nel mondo, tra biciclette, navigatori satellitari, cibo sano e erboristerie (“Sono sicuro che mia figlia dirà orgogliosamente ai suoi nipoti: sono cresciuta nell’epoca dell’erboristeria”). Tre libri che tre padri hanno scritto ai figli per parlare anche di se stessi. Resta insopportabile per ogni papà non riuscire a parlare con il proprio figlio. Davanti alla prova di una modernità che sradica non solo le competenze e i mestieri, ma anche i linguaggi, non resta ai papà che affidarsi al Padre Celeste che è non solo l’ Onnipotente e il Creatore, ma è anche “Abbà, il babbo che parla sempre chiaro”.