Quarantatre anni fa

Ho spento l’abat jour della settimana scorsa ricordando come soltanto dopo la sua morte, per puro caso, noi quattro suoi figli sapemmo che il nostro babbo, Adamo Fanucci, titolare di un negozietto a Scheggia (“alimentari e ferramenta”) era stato a suo tempo un gran bestemmiatore.
Era vero, ma nessuno di noi figli se n’era accorto, anzi: non ne aveva mai avuto il minimo sentore.
Veramente… col senno di poi… qualche innocente traccia del suo orribile vizio il babbo l’aveva conservata. Quando si arrabbiava, gli scappava spesso un “mannaggia al signor dottore!!” dal cui tono si capiva che l’ultima parola era posticcia, e che la penultima nel momento del suo concepimento era scritta con la maiuscola. Oppure “mannaggia al papa di Monte Fiume!”. Stessa analisi: posticcio il complemento di stato in luogo finale, maiuscola allo stato di embrione la parola “papa”: la famiglia Del Papa, cliente della nostra bottega di alimentari e ferramenta, abitava a Monte Fiume, quella frazione di Scheggia che si accuccia ai piedi del Ponte a Botte, per chi percorre la Flaminia in direzione di Fano.
Per la Grande (?!) guerra babbo era partito da Campitello, sopra Ponte Calcara, nel 1915, a 21 anni, insieme a una dozzina di coetanei; ed era stato uno dei pochi che erano tornati dalla folle mattanza di 600.000 (seicentomila!!) ragazzi, voluta dai politici per ottenere quei territori che l’Austria era disposta a restituirci gratis. Il fango della trincea gli aveva regalato delle enormi varici su ambedue le tibie. Del benessere che gli avevano promesso ininterrottamente, per tre anni, non aveva trovato traccia. Quando si sposò, si permise il lusso di un viaggio di nozze lungo… un giorno: Scheggia, Foligno, Perugia il mattino; Perugia, Gubbio, Scheggia la sera. Il primo figlio gli morì, nel 1919. Il secondo, Ubaldo, nato nel 1920, fu colpito dalla poliomelite. Sei mesi di ricovero al Rizzoli di Bologna, grazie ad un mutuo che riuscì a pagare con una decina di anni di straordinario: si alzava alle due di notte, e col cavallo trasportava marna cementizia dai “Piscianelli” (la sorgente dell’acqua minerale Motette, due km verso Ancona) al cementificio di Sassoferrato, un 15 km di distanza. Tornava in tempo per aprire il negozietto.
Fu lì che imparò a bestemmiare: pare proprio che i cavalli del tempo facessero il loro dovere solo a suon di moccoli. Poi però, quando il primo figlio giunse all’età della ragione, troncò, di colpo. Il 7 settembre del 1968 un infarto lo schiantò. Un infarto cattivo, ma ritardato abbastanza da non impedirgli di fare la Comunione del Primo Venerdì del mese, a San Francesco.
43 anni fa, e gli occhi si riempiono ancora di lacrime.

AUTORE: a cura di Angelo Maria Fanucci