Quel sogno non è invecchiato

Sul tema “Sognare la comunione, costruire il dialogo. Cento anni di speranza ecumenica”, dal 25 al 31 luglio il Segretariato attività ecumeniche (Sae) promuove a Chianciano Terme la sua 47a Sessione di formazione ecumenica. Al presidente del Sae, Meo Gnocchi, abbiamo chiesto di presentarci l’iniziativa.Perché questo tema? “Ci è sembrato che il riflettere su questi cento anni di movimento ecumenico a partire dalla Conferernza di Edimburgo (1910) fosse importante per recuperare le ragioni e le ispirazioni fondamentali che hanno mosso il movimento, per riportare l’attenzione al nostro presente, per guardare al futuro sulla base di questa memoria. Abbiamo voluto mettere accanto due aspetti: uno è il sogno profetico cioè la visione di un possibile futuro, l’altro la pazienza della costruzione del dialogo. Lo stesso cammino ecumenico in fondo si è mosso secondo queste due spinte: sin da Edimburgo si è parlato di visione che veniva da un’ispirazione del Signore, ma poi ci si è accorti subito che la visione andava perseguita con la pazienza dei passi quotidiani, degli incontri, dei confronti, del dialogo”. Lo sguardo al passato cosa insegna? “Intanto insegna a non disperare, perché noi adesso vediamo il passato nella luce pacificata della memoria, ma se poi poniamo attenzione a quello che è avvenuto ci accorgiamo di tutte le difficoltà, gli intoppi, gli ostacoli difficilmente sormontabili che ci sono stati… eppure quel movimento è proseguito ed è arrivato fino a noi. Il secondo motivo di riflessione è ripensare alle grandi linee di forza, ai temi, alle spinte ideali che hanno ispirato, condotto, sostenuto il cammino ecumenico”. Quali saranno i temi affrontati nella Sessione? “La prima giornata è dedicata alla rievocazione di momenti fondamentali, da Edimburgo alla fondazione del Consiglio ecumenico delle Chiese, dal Concilio Vaticano II a tutto l’impegno ecumenico della Chiesa cattolica, dai primi pronunciamenti ecumenici del Patriarcato di Costantinopoli all’opera di Atenagora e all’impegno ortodosso. Nei giorni seguenti abbiamo voluto cogliere alcuni dei temi fondamentali che si sono sviluppati lungo questi cento anni. Ad esempio, il filone teologico, che nel movimento ecumenico è stato rappresentato soprattutto dal gruppo Fede e Costituzione. Il secondo filone è quello etico: l’impegno per la pace, la giustizia, i diritti umani, per il pacifico confronto tra i popoli. Terzo grande motivo, che ci riporta proprio alle origini, è che il movimento ecumenico si è mosso su una fondamentale spinta missionaria. Alla Conferenza di Edimburgo, cento anni fa, è apparsa evidente la contraddizione tra evangelizzazione e divisione tra i cristiani”. La Sessione, però, non si limita al dialogo ecumenico. “C’è un altro aspetto che la sessione ha voluto tener presente: oltre all’orizzonte ecumenico in senso stretto, cioè intra-cristiano, ci sarà la dimensione interreligiosa, prendendo in considerazione i rapporti tra i tre monoteismi, ebraismo, cristianesimo e islam, perché ci sembra che soprattutto su questo piano il confronto si imponga. In particolare, l’ebraismo è un argomento che ci sta a cuore e che non può essere omologato alla dimensione interreligiosa, perché il rapporto tra cristiani ed ebrei tocca le profondità della vita cristiana e delle realtà della Chiesa”. In definitiva, quanto siamo lontani ancora dalla realizzazione del sogno ecumenico? “A livello dei dialoghi ufficiali si registrano da una parte positive volontà di proseguire, e dall’altra oggettive difficoltà; ad esempio sono rimasti insoluti alcuni nodi riguardanti i temi ecclesiologici. A livello di base, del popolo di Dio, il tema ecumenico è avvertito e partecipato, magari non con un approfondimento di tipo teologico da parte di tutti, ma come ispirazione di fondo. In questo senso il richiamo all’importanza dell’ecumenismo spirituale mi sembra da accogliere favorevolmente. A patto che con l’ecumenismo spirituale si intenda fecondare la spiritualità non solo individuale ma anche comunitaria delle Chiese, che si aprano nella loro coscienza di fede e nella loro esperienza di vita ecclesiale a quella dimensione ecumenica in cui tutto, dalla teologia alla liturgia, dalla vita comunitaria agli impegni di tipo etico, deve iscriversi. Questa mi sembra la situazione attuale, che non induce a ottimismi superficiali, ma a un ottimismo più profondo, che è il non cedere mai di fronte alle difficoltà, il mantenere viva la forza di reagire e di sognare”.