Quella croce che dà scandalo

“L’aula può accogliere la presenza del crocifisso quando la comunità scolastica interessata valuti e decida in autonomia di esporlo (…) e in ogni caso ricercando un ragionevole accomodamento tra eventuali posizioni difformi”. Così – nei giorni scorsi – ha sentenziato la Corte di Cassazione, occupandosi della “compatibilità tra l’ordine di esposizione del crocifisso”, decisa dal dirigente scolastico di un istituto professionale statale di Terni sulla base di una delibera dell’assemblea di classe degli studenti in contrasto con il docente che non voleva simboli religiosi appesi alla parete durante le sue lezioni. La sentenza n. 24414 della Corte di Cassazione non fa altro che ricordare che manca una legge del Parlamento in materia, che dunque l’interpretazione va data alla luce della Costituzione e che – in definitiva – la scuola dovrebbe ricercare la via del compromesso, nel rispetto di tutti.

“È innegabile che quell’uomo sofferente sulla croce non possa che essere simbolo di dialogo – ha commentato il segretario generale della Cei, mons. Stefano Russo – , perché nessuna esperienza è più universale della compassione verso il prossimo e della speranza di salvezza”.

Della croce ha parlato in questi giorni anche Papa Francesco, durante il suo viaggio in Slovacchia, sottolineando come non vada ridotta a mero “oggetto di devozione, tanto meno a un simbolo politico, a un segno di rilevanza religiosa e sociale”. Nell’omelia della Divina Liturgia presieduta a Presov ha ricordato che “alcuni santi hanno insegnato che la croce è come un libro che, per conoscerlo, bisogna aprire e leggere”. “Non basta acquistare un libro, dargli un’occhiata e metterlo in bella mostra in casa”, ha spiegato Francesco. “Lo stesso vale per la croce: è dipinta o scolpita in ogni angolo delle nostre chiese.

Non si contano i crocifissi: al collo, in casa, in macchina, in tasca. Ma non serve se non ci fermiamo a guardare il Crocifisso e non gli apriamo il cuore, se non ci lasciamo stupire dalle sue piaghe aperte per noi, se il cuore non si gonfia di commozione e non piangiamo davanti al Dio ferito d’amore per noi”.

Dalle aule della scuola di Terni alle celebrazioni del Santo Padre in viaggio nell’Europa dell’Est, la croce è ancora segno di “scandalo” e fa parlare di sé. Almeno quando si considerano quelle membra lacerate e appese come simbolo di morte e non come abbraccio d’amore e ‘albero’ della vita.