Radici o tuberi?

abatjour

Lunedì scorso, mentre buttavo giù il primo schema per l’omelia di domenica prossima, la domenica del Buon Pastore, dalle pagine calde del suo “Ascoltarti è una festa” m’è venuto addosso il mio biblista preferito, Fernando Armellini.E ha scompaginato certe mie antiche convinzioni abborracciate circa la vera natura del “gregge di Cristo”. Stante che l’unico Pastore è Cristo, ed è pastore perché, a mente della II lettura (Ap 7,9 14b-17), è lui l’Agnello che, dopo aver condiviso in tutto e per tutto la sorte del gregge, per esso ha immolato la propria vita; allora il suo gregge sono tutti coloro che hanno il coraggio di seguirlo vivendo la vita come dono. Veramente, sa’… a me avevano detto che il gregge di Cristo è formato dai laici che accolgono docilmente e mettono in pratica tutte le disposizioni date dal clero, e i Pastori sono le gerarchie ecclesiali. No, grida Armellini: assurdo! E continua: il suo gregge non è nemmeno, automaticamente, la Chiesa, perché esistono zone d’ombra nella Chiesa che si autoescludono dal regno di Dio, visto che in esse alligna, personale e strutturale, il peccato; mentre ci sono zone d’umanità dai margini enormi, al di là dei confini della Chiesa, che rientrano nel regno di Dio perché in esse trionfa quello Spirito del quale in quelle zone si ignora addirittura l’esistenza. Allora? Allora il Suo gregge è l’insieme di tutto coloro che, sotto l’azione dello Spirito, accolgono la vita e la praticano come dono per i fratelli, visto che Chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui (1Gv 4,16).Per cui può essere discepolo del Buon Pastore anche chi, pur non conoscendo Cristo, si sacrifica per il povero, pratica la giustizia, la fraternità, la condivisione dei beni, coltiva 1’ospitalità, la fedeltà, la sincerità, il rifiuto della violenza, il perdono dei nemici, l’impegno per la pace. “Pascere” non vuol dire né comandare, né mettere in fila: vuol dire alimentare. Cristo pasce ciascuno di costoro nel senso che alimenta, attraverso le mille vie che suo Padre gli mette a disposizione, la volontà di bene che è presente (identica nella sostanza, diversissima nei particolari) in ciascuno di costoro. La sera stessa ho visto in tv L’infedele, la trasmissione di Gad Lerner: c’erano diversi sindaci leghisti, tutti pimpanti, alcuni anche profondi. Tutti ben pasciuti. Soddisfatti. Ma il taglio complessivo dei loro discorsi sull’immigrazione era shockante. Pareva che parlassero di apertura più o meno anticipata della caccia. Si capiva che, secondo loro, il primo dovere di chi incontra quei tali è quello di impallinarli. L’ennesimo valore non negoziabile? M’è tornato alla mente, istintivo, il Vangelo del Buon Pastore. E pensare che costoro (mi son detto) si candidano a riscoprire le radici cristiane dell’Italia! Bah! Bene che vada, riscopriranno (direbbe Luca Diotallevi) solo i tuberi rizomatici e rinsecchiti del suo “devozionismo protetto”.

AUTORE: a cura di Angelo M. Fanucci