Recitare il rosario con Ugo Foscolo 

ABAT JOUR

Col tramonto // dei celeri giorni // queta l’inno // dei cantici a Te. // Né dei fiori ogni istante t’adorni // che ti colse, Regina la fe. — Ma nell’alma più vivo ci resta // il pensier di tua dolce beltà. //Ed in cuor nuovi affetti ridesta // il tuo nome che spira bontà (3 volte)Dopo 50 anni di oblio totale, improvvisa, intera, precisa è emersa In Me, in un tripudio di fiori, la canzone alla Madonna che al Seminario romano cantavamo il 31 maggio. Solo quel giorno. Musica di Raffaele Casimiri. Dolce, dolcissima la musica. Tenere, tenerissime le parole. Chi l’ha inventato, il rosario? Non lo so. So che la maniera più corretta di recitarlo è quella che ha messo a punto Ugo Foscolo quando ha scritto della sera, di tutte le sere piene nostro Rosario “Vagar mi fai coi miei pensier su l’orme // che vanno al Tutto eterno”. Scorrono i grani al ritmo lene dell’Ave Maria / Santa Maria, e la mente va alle Grandi Cose, e le sfronda l’una dopo l’altra, e arriva al Tutto Eterno, che è anche il “Nulla eterno”.Meister Eckart, il grande teologo domenicano vissuto a ridosso dell’altro grandissimo teologo domenicano, Tommaso, ha aggiunto alle famose cinque vie per raggiungere Dio tracciate dall’Aquinate una sua via, la sesta via: Dio si raggiunge per esclusione, sfrondando il carciofo della vita dalle foglie inconsistenti fino ad arrivare al Nulla Adorabile che è Il loro nocciolo duro. Foscolo quei versi li ha dedicati alla sera e noi di sera diciamo il rosario, pensando alla Grandi Cose ed eliminandole l’una dopo l’altra. Di sera. La sera di un giorno feriale, quando l’impiegato di banca esce dall’ufficio e sa che anche questa sera la fatica degli elenchi di fatture truccate e delle partite doppie gli impedirà di prendere in mano Leopardi. La sera del sabato, quando il maschio single si mette in giro per i locali con le luci abbassate in cerca di una femmina e un po’ di tenerezza. La sera del giorno di Pasqua, quando Gesù alitò su di noi e ci chiese loro di impegnarci a fondo contro la multiforme presenza del peccato nel mondo. La sera della vita, quando ci assopiremo come il pescatore di De Andrè, con un solco lungo il viso, come una specie di sorriso. Dopo aver versato tutto il vino del mondo e aver spezzato tutto il pane del mondo a tutti gli assassini del mondo.

AUTORE: A cura di Angelo M. Fanucci