Il Reddito di cittadinanza è legge. Ma il problema starà nell’applicarlo

Con la legge di bilancio 2019 il Parlamento ha approvato – con uno stanziamento in bilancio di 6 miliardi di euro – , in un clima di infuocato scontro politico, l’istituzione del Reddito di cittadinanza (Rdc). Anch’esso appartiene in realtà, come il Reddito di inclusione (Rei) introdotto dal governo Gentiloni, alla famiglia dei redditi minimi europei.

Cosa prevede il Rdc e per chi

Il Rdc si propone come un sostegno economico che prevede l’erogazione, tramite Inps, di un importo massimo di 780 euro netti al mese per tutti i cittadini che non hanno un reddito (ai quali dunque spetta la misura intera), o hanno un basso reddito (con diritto alla corrispondente integrazione).

Secondo il Decreto delle linee attuative del Rdc, approvato dal Consiglio dei ministri il 17/1/2019, si prevede che il Rdc venga erogato a partire da aprile. Per ottenere tale sussidio, di consistenza superiore rispetto a quella attualmente assicurata dal Rei, occorrerà la cittadinanza italiana, o un permesso di soggiorno di lungo periodo, risultando comunque necessario aver risieduto da 10 anni in Italia, di cui gli ultimi due in modo continuativo.

I richiedenti caduti in povertà per mancanza di occupazione sono inviati ai Centri per l’impiego (Cpi), per la formazione e l’avviamento al lavoro, sulla base di uno specifico “Patto per il lavoro”. Per quelli che invece sono poveri con un bisogno complesso e multidimensionale, dopo una prima valutazione dei Cpi, avviene una presa in carico da parte dei Servizi sociali dei Comuni e si stipula un “Patto per l’inclusione sociale” impiegando la rete di intervento sociale a disposizione (art. 4, commi 10-12), che di fatto assorbe il progetto personalizzato previsto dal Rei.

Per l’attività formativa e per intercettare la domanda di lavoro, vengono coinvolti anche soggetti privati. È previsto inoltre un sistema premiale di rilievo per chi colloca il disoccupato. Sgravi contributivi sono concessi alle aziende che assumano i beneficiari a tempo pieno e indeterminato. Molto severi risultano i controlli previsti, per scoraggiare abusi ed effetti perversi.

Obiezioni e riserve

Tra le riserve sulla buona riuscita del provvedimento, ricordiamo la problematicità di un avvio rapido ed efficace dei Cpi, la mancata considerazione delle differenze di costo della vita (e dunque di soglia di povertà) tra le diverse aree territoriali del Paese (con sovrastima della povertà al Sud e sottostima di quella al Nord), la priorità riconosciuta al singolo rispetto alla famiglia, e agli adulti rispetto ai minori (come viene dedotto sulla base delle scale di equivalenza adottate), le modalità (discriminanti) per l’inclusione dei cittadini stranieri, i dubbi sull’adeguatezza delle somme stanziate rispetto alla platea dei beneficiari potenziali (tenendo conto anche delle risorse, umane oltre che finanziarie, richieste per la predisposizione e l’attuazione dei Patti di inclusione), e sulla reale efficacia dei programmi di attivazione dei disoccupati beneficiari del sussidio (con possibile aumento di profittatori e inattivi). (Continua a leggere sull’edizione digitale de La Voce)

Pierluigi Grasselli