Domenica scorsa, con il suggestivo rito della chiusura della Porta santa della cattedrale di Orvieto (un analogo momento era stato vissuto a Bolsena la settimana precedente), è terminato il Giubileo eucaristico straordinario donato da Papa Benedetto alla nostra Chiesa di Orvieto-Todi per gli anni 2013-2014 in occasione dei 750 anni del fatto prodigioso di Bolsena e della istituzione per tutta la Chiesa della festa del Corpus Domini a opera di Urbano IV mediante la bolla Transiturus. È normale, al termine di un evento giubilare che ci ha visti impegnati per due anni, tentare un bilancio. Ma è possibile tale operazione? Chi, infatti, è in grado di giudicare cosa accade nel profondo delle coscienze? Certamente, se ci si riferisce ai dati quantitativi, numerici e ai diversi appuntamenti in programma, il Giubileo può essere valutato positivamente. Le grandi manifestazioni sono sostanzialmente riuscite; qualcuna anche in termini superiori a quanto previsto. Ma da un punto di vista evangelico, la risposta diventa più problematica. Anzi, fa scaturire ulteriori domande. È possibile constatare nella vita delle nostre comunità parrocchiali un miglioramento riconducibile al Giubileo eucaristico? Questi anni giubilari possiamo ritenerli davvero “anni di grazia del Signore”? Ci hanno aiutato a vivere un rapporto di amore, di adorazione, di comunione più grande nei confronti di Gesù, e anche nei confronti degli altri? Questo tempo è stato per la nostra Chiesa un’occasione di fedeltà all’eucaristia, al mistero di amore di una vita fatta dono? Qualcuno si chiese: “Fu vera gloria?”. Noi potremmo ritradurre: “È stata vera fede?”.
Quindi, più che di bilancio, si potrebbe semplicemente parlare di una riflessione su quello che si è visto, che abbiamo vissuto e di cui siamo consapevoli. Con l’avvertenza che il vero bilancio lo conosce il Signore, e forse ciascuno di noi ne è custode per se stesso, ciascun sacerdote per la sua comunità parrocchiale. Per me personalmente, l’inizio di questo tempo giubilare ha coinciso con i primi passi del servizio pastorale come vescovo della diocesi di Orvieto-Todi. È stata una grande opportunità per incontrare tutte le comunità parrocchiali: sacerdoti, laici, giovani, recando loro la notizia: “Il Vescovo viene per annunciare il Giubileo”. Nella memoria restano fortemente presenti alcune istantanee… Certamente quella di inizio, e l’altra di chiusura. Quando abbiamo inaugurato il tempo giubilare, il Cardinale si è avvicinato alla Porta santa, e mediante una forte spinta, l’ha spalancata. La folla esultante, dietro di lui, è entrata nella cattedrale carica di luci e di suoni. A chiusura invece, una scena “a rovescio”. Il popolo di Dio dall’interno della chiesa, attraverso la Porta aperta verso l’esterno, è uscito fuori, sulla piazza, quasi in un incontenibile bisogno di comunicare la “bella notizia” che è Cristo, dono d’amore all’uomo della strada. A significare che, oggi, l’impegno più urgente per le nostre comunità cristiane non è tanto quello di inaugurare porte che si aprono verso l’interno degli spazi sacri, ma quello di aprire porte che dall’interno delle chiese diano sulla piazza. Una “Chiesa in uscita”, il cui mandato fondamentale è proprio questo: trasformare l’esperienza di fede eucaristica celebrata in esperienza di vita quotidiana e coerente, fatta dono ai fratelli che percorrono le vie del mondo.