Salesiani, la sfida della formazione professionale come modello educativo di vita, scuola e lavoro

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La sfida di don Bosco nell’educazione dei giovani ha ancora senso e valore? Assolutamente sì, forse oggi ancora più che in passato. E’ quanto emerso questa mattina alla sala dei Notari di Perugia, nel corso del convegno “Formazione professionale iniziale – La sfida di don Bosco” organizzato dal Cnos-Fap (Centro nazionale opere salesiane – Formazione e aggiornamento professionale). Si è trattato di un importante momento di riflessione sul ruolo della formazione professionale nel complesso del sistema scolastico nazionale e regionale. In Umbria, infatti, esistono tre Centri di formazione professionale Cnos-Fap (a Perugia, Foligno e Marsciano), che formano circa 300 giovani in corsi di meccanica, elettricista, ristorazione, acconciatore, etc…

“La formazione professionale – ha spiegato Mario Giacomo Dutto, esperto di politiche formative e scolastiche – può essere uno strumento davvero efficace contro la dispersione scolastica, che costituisce un problema serio del nostro sistema nazionale. Basti pensare che su 100 allievi iscritti al primo anno, 27 non arriveranno a diplomarsi, pari a circa il 30%. Un dato che non può lasciare indifferenti”. “Il ministero dell’Istruzione – ha aggiunto Roberto Dasso, direttore generale di Arsel Liguria (Agenzia regionale per i servizi educativi e per il lavoro) –  non può continuare a lasciare tutto il peso economico della formazione professionale sulle Regioni, come avviene ora. Anche dal punto di vista meramente economico, è una scelta miope. Un dato su tutti, un allievo iscritto ad un corso di formazione professionale costa allo Stato il 34% in meno di un alunno delle scuole superiori di secondo grado. Inoltre, è tempo di dire basta con una scuola che elargisce semplici saperi scollegati dalla realtà. L’Europa ci chiede di insegnare delle competenze, di saper fare”.

C’è poi ancora da combattere il pregiudizio tutto italiano, o meglio del Centro e Sud Italia, per cui la formazione professionale costituisce un’istruzione di serie B, proprio per la sua vocazione protesa fattivamente alla pratica e al lavoro. “Noi italiani – ha sottolineato Giuseppe Tacconi, ricercatore dell’Università di Verona in didattica e pedagogia speciale – manteniamo questa sorta di pregiudizio nei confronti del lavoro manuale, ritenuto inferiore a quello intellettuale. Ma il lavoro è già di per sé una grande scuola di relazioni, di saperi, di professionalità, di vita. Non poniamo questo divario insanabile fra scuola e lavoro, ma facciamo diventare il lavoro parte integrante e fruttuosa della scuola, come avviene nei Centri di formazione professionale di don Bosco”.

“In una società sempre più competitiva – ha concluso don Pascual Chavez, rettor maggiore emerito dei Salesiani – il miglior regalo che possiamo fare ai giovani, specie a quelli a cui la vita ha dato meno, è l’educazione per creare buoni lavoratori e attivi cittadini. Ma è anche il miglior regalo che possiamo fare a noi stessi, alla società tutta, all’Italia”.

AUTORE: Laura Lana