Sanatoria: dubbi e incertezze tra immigrati e datori di lavoro

Le Caritas impegnate a dare consulenza a chi vuole presentare la domanda

Forse sono già alcune centinaia le famiglie umbre interessate dalla regolarizzazione dei lavoratori extracomunitari. Sono molti, infatti, le “badanti” (coloro che assistono o più semplicemente fanno compagnia agli anziani) e le colf che in questi giorni ne stanno parlando, o contrattando, con i loro datori di lavoro (in nero, ovviamente, altrimenti non ci sarebbe bisogno di regolarizzare). Dubbi e esitazioni sulle modalità di presentazione della domanda accompagnano le incertezze di molti datori di lavoro di fronte alla scelta di impegnarsi economicamente per almeno un anno. E’ verosimile, però, che anche il lavoratore faccia i suoi conti, perché lavorando in nero entrano più soldi e c’è chi preferisce avere maggiore liquidità oggi piuttosto che una pensione per un domani che, magari spera di poter vivere nel suo paese. Di certo tutti mettono sul piatto della bilancia anche le sanzioni, molto più severe, cui vanno incontro nel caso decidessero di non regolarizzare oggi la situazione. Fatto sta che in questa fase iniziale della regolarizzazione dei lavoratori provenienti da paesi non appartenenti all’Unione Europea, le Caritas diocesane dell’Umbria hanno già avuto segnali di comportamenti non corretti dei datori di lavoro. Spetta loro, infatti, fornire il documento più importante: l’autocertificazione in cui dichiarano che l’extracomunitario lavora presso di loro da almeno tre mesi e l’impegno a trasformare il rapporto di lavoro irregolare in assunzione regolare. C’è anche da pagare un contributo una tantum, che dovrebbe essere a carico del datore di lavoro, ma sono giunte segnalazioni di immigrati che chiedevano come comportarsi nel caso fosse chiesto loro di mettere i soldi necessari. Ai problemi relativi alla gestione della pratica si aggiunge il fatto che certamente non tutti i datori di lavoro saranno disposti a impegnarsi per la regolarizzazione dell’immigrato, e questo soprattutto nel settore delle imprese dove i termini della regolarizzazione sono aperti da poco. I questa situazione resa più difficile dalle polemiche lanciate da esponenti della Lega contro la Caritas e la Chiesa in generale, i vescovi umbri hanno ritenuto doveroso fare un appello “ai cattolici e a tutte le persone di buona volontà” (vedi riquadro in pagina) in cui invitano a rispettare la legge ed a collaborare per la sua migliore applicazione, senza ricorrere a sotterfugi o prevaricazioni. Per aiutare lavoratori e datori di lavoro nella presentazione della domanda le Caritas delle diocesi umbre mettono a disposizione la loro consulenza gratuita. Per le Caritas che non fossero ancora in grado di offrire il servizio c’è l’invito dei propri vescovi e dell’ufficio regionale “Migrantes” ad attivarsi affinché lo si realizzi. Al Centro d’ascolto della Caritas diocesana di Perugia si rivolgono per avere informazioni quasi esclusivamente immigrati, commenta Stella Cerasa responsabile del Centro, “quando invece dovrebbero interessarsi i datori di lavoro”. Diversa la situazione allo sportello del Patronato Acli di Perugia dove Luigi Tacchi ha risposto finora soprattutto a quesiti posti da datori di lavoro di colf e ‘badanti’ anche se stanno arrivando anche titolari di impresa. Proprio mercoledì hanno avuto dalla Prefettura di Perugia, dove è stato aperto un Ufficio unico cui possono rivolgersi anche i cittadini, il chiarimento su uno dei punti a rischio di “libera interpretazione”, e cioé se il riferimento temporale dei tre mesi dovesse intendersi relativo all’ingresso o al rapporto di lavoro. La Prefettura ha precisato che non potranno essere regolarizzati gli assunti dopo il 10 giugno, data che dovrà risultare dalla autocertificazione del datore di lavoro e per la quale farà fede anche il visto d’ingresso sui documenti dell’immigrato, che non potrà essere, ovviamente, successivo. Se dovesse essere sprovvisto di documenti resterebbe l’autocertificazione. Saranno le Prefetture a valutare le domande, quindi il chiarimento, anche se non arriva dal Ministero, costituisce un importante passo avanti. Anche la Caritas italiana (www.caritasitaliana.it) è intervenuta con consigli alle Caritas diocesane, invitando a “continuare a fornire in maniera meticolosa le informazioni ai datori di lavoro e agli immigrati per evitare errori e imprecisioni; aiutare a facilitare le deleghe, soprattutto per i soggetti più deboli, per evitare forme di abuso o di ricatto e per favorire l’emersione del lavoro nero di chi ha più di un datore di lavoro; suggerire ai datori di lavoro che stanno per presentare il modulo di regolarizzazione di un immigrato clandestino che ha avuto un’espulsione, di attendere eventuali precisazioni nelle prossime giornate, per evitare che il modulo diventi uno strumento di denuncia dell’immigrato clandestino”. L’invito dei Vescovi ai cattolici e agli uomini di buona volontàFacendo proprie tutte le considerazioni in merito fatte dalla Conferenza episcopale italiana e dai suoi organi, i vescovi dell’Umbria invitano i fedeli cattolici e tutti gli uomini di buona volontà, qualora abbiano ad assumere dipendenti provenienti da Paesi non appartenenti all’Unione Europea, ad accoglierli con tutto il rispetto che compete alle persone, alla pari degli altri, secondo l’insegnamento della Chiesa. In particolare si invita: A rispettare puntualmente la legge e le disposizioni senza alcun indebito profitto, specialmente provvedendo a farsi carico degli oneri contributivi previsti dalle leggi dello Stato. A collaborare per la regolarizzazione dello “status giuridico” sia del lavoratore che delle famiglie che accolgono gli immigrati.Le otto Chiese sorelle dell’Umbria mettono a disposizione degli immigrati e di chi è interessato ad assumerli con un regolare rapporto di lavoro la consulenza completamente gratuita delle Caritas diocesane. Conferenza Episcopale Umbra Assisi, 7 settembre 2002

AUTORE: MariaRita Valli